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LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DELLE SOCIETÀ E DEGLI ENTI

La responsabilità “amministrativa” degli enti: reati presupposto e modelli organizzativi

Il D.Lgs. n. 231 - nella sua versione originaria - limitava la responsabilità dell'ente, per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio, a poche ipotesi delittuose: la malversazione a danno dello Stato, l'indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, la truffa a danno dello Stato o di un ente pubblico o per il conseguimento di erogazioni pubbliche, la frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico ed ancora la concussione e la corruzione (art. 25). A questo primo gruppo di delitti sono stati aggiunti, all'art. 25 bis (ex art. 6 del D.Lgs. n. 350/2001), quelli in materia di falsità in monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo; all'art. 25 ter, taluni reati societari (ex art. 3 del D.Lgs. n. 61/2002); all'art. 25 quater (ex art. 3 della l. 14.1.2003, n. 7) i delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico; all'art. 25 quinquies (ex art. 5 della l. 11.8.2003, n. 228) i delitti contro la personalità individuale; infine (per il momento), all'art. 25 sexies (ex art. 9 della l. 18.4.2003, n. 62) i reati di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato.

L'essenziale relazione logica e fattuale tra il reato (presupposto) e la sua commissione nell'interesse o a vantaggio dell'ente ha suggerito, nella costruzione di gran parte dei codici di comportamento redatti dalle associazioni di categoria, la condivisibile idea di distinguere i reati presupposto in reati “comuni”, perché possibili sviluppi accadimentali di qualunque gestione imprenditoriale, e reati “peculiari”, in quanto tipici di certa attività aziendale di produzione piuttosto che di altre. Alla prima categoria potranno essere ricondotti per esempio, i reati di corruzione e quelli societari previsti all'art. 25 ter; nella seconda, la concussione o la truffa ai danni dello Stato, nel caso di pubblico servizio reso dalla mano privata. Ciò comporta che ogni ente, se mira all'esenzione da responsabilità ex art. 6, deve realizzare una mappatura dell'impresa e dell'azienda, rappresentante il sistema organizzativo-gestionale, per rilevare le zone a rischio di verificazione di reati.

La realizzazione di un modello fortemente tipizzato nella previsione delle condotte aziendali e la sua perfetta corrispondenza alle richieste del D.Lgs. 231 (avendo superato il codice di comportamento cui aderisce il controllo del Ministero della Giustizia) dovrebbero infatti togliere spazio alle valutazioni del giudicante, facendo scattare, in una sorta di originale e anomala presunzione ordinariamente insuperabile, il meccanismo di esonero da responsabilità per l'ente.

di Angelo Carmona

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