Dalla legge Severino alla legge cd. Spazzacorrotti, tra prevenzione e repressione, il legislatore amplia gli strumenti investigativi di contrasto alla corruzione, importando esperienze da altri ordinamenti (undercover e whistleblowing), rendendo applicabili le indagini con captatore informatico, rafforzando il sistema 231
Il contrasto ai reati contro la p.a. si è sviluppato, nell'ultimo decennio, lungo due direttive, complementari tra loro: alla tradizionale leva repressiva, infatti, si è andato affiancando – a partire dalla legge Severino – un approccio preventivo, basato sul risk assessment e sulla trasparenza, volto ad incidere in modo razionale sui fattori che favoriscono la diffusione della corruzione.
Un nuovo spartiacque nel sistema anticorruzione è rappresentato dalla legge 3/2019 cd. Spazzacorrotti, che – preso atto dell'insufficienza allo scopo degli ordinari mezzi di investigazione – ha introdotto istituti volti a facilitare l'emersione e l'accertamento dei delitti lato sensu corruttivi. Ci si riferisce, in particolare, all'estensione della disciplina delle operazioni sotto copertura e del Trojan ai reati contro la pubblica amministrazione, nonché alla causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 323 ter c.p. S'inserisce, invece, in un solco più tradizionalmente repressivo l'irrigidimento delle sanzioni interdittive contra societatem.
Infine, una prospettiva che dovrebbe ispirare gli sforzi del legislatore in materia è quella della trasparenza. Esempio virtuoso ne è il d.d.l. 491/2018 (il cd. Sunshine Act italiano) approvato dalla Camera in prima lettura il 4 aprile 2019, che mira a far emergere il potenziale conflitto d'interessi del personale sanitario, in rapporto con le industrie farmaceutiche.
di Eugenio Fusco e Beatrice Fragasso
[visualizza l'articolo completo]