D.lgs. 231/2001 ed Imprenditori individuali: interpretazione dell'art. 1 e presunte esigenze penal-preventive nell’"imprevisto" revirement della Cassazione
La recentissima sentenza 15675 della Corte di Cassazione, depositata il 20 aprile 2011, con un improvviso e discutibile revirement, ha “sconfessato” il precedente orientamento e ha ricompreso (anche) l'imprenditore individuale tra i destinatari “della 231”
Prima della sentenza in commento, gli unici precedenti giurisprudenziali, riguardanti la medesima fattispecie concreta, risultavano l'ordinanza del G.i.p. Tribunale di Roma 30 maggio 2003 e la successiva sentenza di Cassazione 18941 del 3 marzo 2004, disponente il rigetto del ricorso del P.M. avverso il diniego dell'applicazione di una misura cautelare interdittiva.
I motivi dell'inapplicabilità si incentravano nella espressa destinazione della norma, ex articolo 1, comma 2 agli enti collettivi di stampo privatistico quali enti, società, associazioni con/senza personalità giuridica e sulla necessità per l'ente di soggettività giuridica e alterità rispetto alla persona fisica autore del reato, che già ne risponde personalmente in sede penale.
Difettando tale schermo giuridico, nell'impresa individuale si realizzerebbe un cumulo di sanzioni in capo al medesimo soggetto, con conseguente violazione del principio del “ne bis in idem” sostanziale.
La carenza di alterità fra impresa individuale e persona fisica-imprenditore impedisce la configurabilità dell'unica ipotesi di rottura del nesso oggettivo di imputazione, quando l'autore del reato abbia agito “nell'interesse esclusivo proprio o di un terzo”.
Infatti, tale distinguo risulta impraticabile stante l'impossibile prefigurazione di una distinta e contrapposta posizione di interesse proprio dell'impresa individuale. Peraltro, la condizione di unisoggettività porterebbe a riferire l'interesse in modo indistinguibile alla persona fisica.
Infine, appare evidente come al difetto di qualificazione giuridica per l'assoggettabilità dell'impresa individuale al sistema del D.Lgs 231/01, si accompagni anche l'impraticabilità, o quanto meno l'inutilità, degli strumenti organizzativi penal-preventivi raccomandati dagli articoli 6 e 7.
Risulta pertanto auspicabile il ritorno all'inapplicabilità del disposto “231” all'impresa individuale, sia in relazione al difetto della natura di “ente collettivo”, sia per la carenza di soggettività giuridica e di autonomia patrimoniale, anche imperfetta, sia per la dimensione non plurisoggettiva.
Profilo che costituisce conditio sine qua non perché possa essere imputata la personale responsabilità dell'illecito e le relative sanzioni.
L'impresa individuale (anche di dimensioni non elementari) è sempre priva di soggettività giuridica, identificandosi giuridicamente ed economicamente con la figura e le sorti della persona fisica esercente l'attività.
di Sandro Bartolomucci
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