Tratta di esseri umani e criteri di imputazione: la Direttiva 2011/36/UE
Con la Direttiva 2011/36/UE del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, si è inteso rafforzare i principi preesistenti introducendo disposizioni normative minime relative alla definizione sia dei reati che delle sanzioni nell'ambito della tratta di esseri umani.
La Direttiva provvede innanzitutto ad identificare in modo espresso le fasi principali della tratta di esseri umani. Tali sono: (i) il reclutamento, (ii) il trasporto, (iii) il trasferimento, (iv) l'alloggio o l'accoglienza. La rilevanza penale di ciascun atto (doloso) relativo a tali fasi dipende - a prescindere dall'eventuale consenso della vittima - dalla presenza del fine di sfruttamento, ottenuto mediante dell'uso della forza (anche solo minacciato) o di altre forme di coercizione, ovvero tramite il rapimento, la frode, l'inganno, l'abuso di potere o della posizione di vulnerabilità della vittima.
L'art. 5 della Direttiva, espressamente rubricato Responsabilità delle persone giuridiche, prevede in capo agli Stati membri l'obbligo di adottare le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili dei reati previsti nel testo comunitario. Ai fini della direttiva in esame, occorre che il reato sia stato commesso a suo vantaggio “da qualsiasi soggetto, che agisca a titolo individuale o in quanto membro di un organismo della persona giuridica, che detenga una posizione dominante in seno alla persona giuridica”.
La Direttiva detta inoltre i tre criteri per definire il concetto di “posizione dominante” dell'agente: (a) il potere di rappresentanza della persona giuridica, (b) il potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica, ed infine (c) l'esercizio del controllo in seno a tale persona giuridica.
di Tommaso E. Romolotti
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