Un primo confronto fra il sistema punitivo ex d.lgs. 231/2001 e le sanzioni alternative in materia di appalti
La natura della responsabilità connessa alla commissione di illeciti in materia di appalti, secondo autorevole dottrina, è di tipo colpevole, nonché affine a quella di cui all'art. 3 della L. 689/1981 più che al modello del codice penale, nel contesto di una copertura costituzionale riconducibile all'art. 23 anziché all'art. 25.
Le sanzioni alternative, introdotte in materia di appalti dal D.Lgs. 53/2010, costituiscono una specie particolare del genus sanzioni amministrative.
Come evidenziato dalle Sezioni Unite civili con la sentenza 27.4.2006 n. 9591, si tratta di una normativa dotata di una propria autosufficienza e che non necessita di eterointegrazione disciplinare.
Per alcuni autori, tuttavia, l'inquadramento più pertinente delle sanzioni alternative non sarebbe fra le sanzioni amministrative, bensì fra le misure adottate dal giudice per riequilibrare una violazione dell'ordinamento. Al riguardo, si potrebbe fare richiamo alle ipotesi di sanzioni irrogate dal giudice ex art. 118 c.p.c. e art. 114 c.p.a., che trova il suo omologo civilistico nell'art. 614-bis c.p.c.
Tuttavia, se si volesse accedere a una ricostruzione casistica della responsabilità amministrativa, riconducibile a una sorta di “sintesi verbale di ipotesi diverse”, la disciplina del D.Lgs. 231/2001, pur in presenza della recente introduzione delle sanzioni alternative, non parrebbe trovare posto.
di Francesco Vignoli
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