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LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DELLE SOCIETÀ E DEGLI ENTI

Il leveraged buyout al vaglio della Corte di Cassazione

I tratti fondamentali dell'operazione sono noti: una società (newco) dotata di un patrimonio minimo, tanto da essere suggestivamente denominata, nella prassi, shell-co o, ancora, box, ottiene un rilevante finanziamento strumentale all'acquisizione del pacchetto azionario della società target. A garanzia di un tale finanziamento, la newco concede in pegno le azioni della target, la quale è successivamente oggetto di una fusione per incorporazione nella newco, ormai divenuta una ex shell-co in quanto finalmente “riempita di sostanza” proprio grazie a codesta incorporazione. Ciò è quanto accade, perlomeno, nella forma empiricamente più diffusa di leveraged buy-out, appunto nota come merger leveraged buy-out proprio in conseguenza di questa operazione di fusione che rappresenta il punto di arrivo dell'intera costruzione.

Le ragioni che stanno alla base di un tale successo derivano dalla particolare convenienza che può assumere l'operazione laddove, in estrema sintesi, la reddività della società target sia superiore al costo del denaro necessario per la sua acquisizione. Ed invero, l'elemento peculiare che consente di differenziare le operazioni di leveraged buy-out dalle “normali” riorganizzazioni societarie è rinvenibile proprio nella circostanza che, di regola, nel leveraged buy-out la società acquirente non ha a disposizione le risorse finanziarie necessarie per effettuare il processo di acquisizione.

Proprio per tale motivo, nel leveraged buy-out la società acquirente deve ricorrere a capitali di terzi - ricevuti sottoforma di finanziamento - per acquisire la società/azienda target.

La Cassazione è intervenuta nel maggio del 2006, constatando, in primo luogo, come il merger leveraged buy-out sia un “negozio che, in passato, era stato censurato come illecito, per contrarietà al principio fissato nell'art. 2358 c.c., dalla Cassazione Penale (Cass., Sez. V, 15.11.1999, D'Andria, in Foro it., 2000, II, p. 402), in contrasto sia con la dottrina sia con la giurisprudenza di merito (cfr., ad esempio, ex pluribus, Trib. Civile Milano, 13.5.1999, Bruni c. Soc. Trenno, in

Giur. it., 1999, p. 2105)”. Ma la Cassazione non dubita che un tale orientamento debba essere ritenuto ormai superato dalla riforma: “attualmente, a seguito della riforma del diritto penale societario, non ha più possibilità di qualificarsi come di rilievo penale, attesa l'abolitio della norma incriminatrice, art. 2630, comma 1, n. 2, c.c. (norma sanzionatoria dell'art. 2358 c.c.) e l'introduzione (sollecitata dall'attuazione della terza e sesta direttiva CE, attuate inizialmente dal d.lgs. 22/1991) dell'art. 2501-bis c.c. oggi vigente”. Di qui anche un implicito avallo dell'atipicità del merger leveraged buy-out rispetto alle norme penali societarie.

Com'è facile intuire, quindi, il tema del leveraged buy-out rimane, per sua stessa natura, foriero di delicate questioni applicative in merito all'accertamento dell'effettività e della consistenza del disegno imprenditoriale ad esso sotteso.

di Andrea Perini

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