Spunti di riflessione applicativi a partire dall’ordinanza del Tribunale di Milano del 20 dicembre 2004
La vicenda presa in esame ha per oggetto un caso di corruzione aggravata nell'ambito dell'aggiudicazione di appalti. Nell'ascrivere gli illeciti amministrativi il Giudice per le Indagini Preliminari ha contestato all'ente : A) illecito amministrativo di cui all'art. 25, comma 3, d.lgs. 231/2001 con riferimento al delitto di cui agli artt. 81 cpv., 319, 321, 319-bis c.p. B) illecito amministrativo di cui all'art. 24, comma 1, d.lgs. 231/2001 con riferimento agli artt. 81 cpv., 110 e 640, II comma, n. 1 c.p., in relazione all'art. 61, n. 7 c.p.. Con riferimento all'illecito di cui al nostro precedente punto A), è stato rilevato che al momento della commissione del fatto il funzionario della società rivestiva in seno alla società una posizione apicale ex art. 5, comma I, lett. a) del d.lgs. 231/2001 e che lo stesso aveva agito nell'interesse della società da lui gestita nonché nell'interesse delle ulteriori società del gruppo di cui la stessa faceva parte.
L'illecito contestato alla lett. B) vedeva invece coinvolti sia soggetti apicali che soggetti sottoposti alla direzione e vigilanza dei primi.
Il Giudice delle Indagini Preliminari ha contestato non tanto - e non solo - l'inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza di cui all'art. 7, comma 1, ma soprattutto la complice partecipazione dei soggetti in posizione apicale. Alla linea processuale della difesa, che ha sottolineato l'assenza di alcun concreto vantaggio patrimoniale per le società, il G.I.P. ha rilevato che la responsabilità dell'ente sorge ogni qualvolta il soggetto legato a vario titolo all'ente pone in essere la condotta illecita nell'interesse o a vantaggio dell'ente, indipendentemente dal conseguimento in concreto di un vantaggio, patrimoniale o meno. La responsabilità a carico dell'ente sussiste, quindi, anche nell'ipotesi in cui il fatto reato trovi ragione nell'interesse dell'ente stesso.
L'ordinanza entra nel merito anche di altri elementi che devono caratterizzare il Modello Organizzativo, tra i quali l'autonomia, l'indipendenza e la professionalità dell'Organo di Vigilanza.
Con riferimento all'autonomia dello stesso, il Giudice Secchi critica i Modelli delle società imputate (per altro elaborati ex post) in quanto lacunosi e generici. Il Modello non può essere un apparato normativo che nulla slegato dalla vita di tutti i giorni dell'azienda, bensì deve essere pensato e attuato come struttura portante della stessa; non deve pertanto essere vissuto dalle funzioni aziendali come un momento di controllo ulteriore a quelli già esistenti, ma innanzitutto come un momento in cui si individua chi fa cosa e chi deve essere coinvolto nel processo decisionale e di attuazione delle decisioni stesse.
di Giacomo Cardani
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