31 maggio 2010 (c.c. 25 gennaio 2010) - sentenza n. 20560 - Corte di cassazione - sezione VI penale* (applicazione di misure cautelari - concreto pericolo di commissione di analoghi illeciti derivante da elementi fondati e specifici - valutazione delle specifiche modalità e circostanze del fatto e della personalità dell'ente - sostituzione o estromissione dei soggetti che rivestono posizioni apicali coinvolti nel reato - nomina di institore - nomina di commissario giudiziale nella fase cautelare - indicazione dei compiti e dei poteri del commissario giudiziale tenendo conto della realtà organizzativa dell'ente - valutazione dell'incidenza della misura sulla specifica attività alla quale si riferisce l'illecito dell'ente limitando ove possibile la misura solo ad alcuni settori dell'attività dell'ente - valutazione sulla frazionabilità della misura non condizionata dalla diversificazione dell'attività dell'impresa)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dai Signori:
Dott. Giorgio Lattanzi presidente
1. Dott. Antonio Stefano Agrò consigliere
2. Dott. Luigi Lanza consigliere
3. Dott. Domenico Carcano consigliere
4. Dott. Giorgio Fidelbo consigliere rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(A) s.n.c. di (B) e (C), rappresentata da (D);
contro l'ordinanza del 6 ottobre 2009 emessa dal Tribunale di Potenza;
visti gli atti, l'ordinanza impugnata e il ricorso;
sentita la relazione fatta dal consigliere dott. Giorgio Fidelbo;
sentito il Sostituto Procuratore generale, dott. Angelo Di Popolo, che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
sentito l'avvocato … che ha insistito per l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di Potenza ha respinto l'appello proposto ai sensi dell'art. 52 comma 1 d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 dall'(A) s.n.c., confermando il provvedimento del 18 giugno 2009 con cui il G.i.p. del Tribunale di Potenza, in luogo della misura cautelare interdittiva, aveva nominato, ai sensi dell'art. 45 comma 3 d.lgs. 231/2001 e in considerazione delle esigenze occupazionali, un commissario giudiziale alla società appellante per la durata di un anno.
Il provvedimento era stato applicato perché sussistevano gravi indizi in ordine alla responsabilità della società per l'illecito amministrativo di cui all'art. 25 d.lgs. 231/2001, derivante dal reato di corruzione posto in essere, nell'interesse della stessa società, dall'amministratore unico (E). La condotta contestata al (E) riguardava la corruzione di alcuni funzionari della (F) s.p.a. per favorirlo nell'aggiudicazione di un appalto, nell'ambito delle attività prodromiche all'estrazione di idrocarburi nella provincia di Potenza, attività svolta dalla (F) quale pubblico concessionario.
Il Tribunale ha ritenuto sussistenti i gravi indizi, sia in relazione al reato presupposto, richiamando l'ordinanza cautelare con cui era stata applicata la misura cautelare personale nei confronti dell'amministratore, sia con riferimento agli altri elementi dell'illecito amministrativo, escludendo che il modello organizzativo adottato dalla società, successivamente al compimento del reato, fosse idoneo ad evitare il pericolo di reiterazione degli illeciti.
La società, per mezzo dei suoi difensori di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione.
Con il primo motivo ha dedotto la violazione dell'art. 45 comma i d.lgs. 231/2001, assumendo che la misura cautelare, e la conseguente nomina del commissario, sia stata disposta sull'erroneo presupposto della sussistenza del pericolo di reiterazione degli illeciti amministrativi della stessa indole, omettendo di considerare che l'(A) non è mai incorsa, in precedenza, in altri reati di questo genere e senza tenere conto che l'amministratore unico della società non ha mai adottato metodi corrottivi in maniera sistematica, come erroneamente ritenuto dal Tribunale.
Sotto un diverso profilo viene censurata l'ordinanza impugnata per avere escluso che con la nomina di un institore, nella.....
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