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2 Ottobre 2006 - (c.c. 23 giugno 2006) - sentenza n. 32627 - Corte di Cassazione - sezione VI penale* (associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati contro la Pubblica Amministrazione volti all’aggiudicazione di appalti - complicità di funzionari amministrativi - revoca della misura cautelare interdittiva e interesse a impugnare della società - esigenze cautelari - concreto pericolo di commissione di illeciti della stessa indole - modalità e circostanze del fatto - personalità dell’ente - valutazione dello stato dell’organizzazione dell’ente - presenza di elementi idonei a far dubitare dell’attitudine della società a porre in essere illeciti della stessa specie di quello contestato - discostamento dalla ratio del D.Lgs. 231/01 se il giudice impone l’adozione di un modello organizzativo alla società)
1. Con ordinanza emessa il 18 aprile 2005 il G.I.P. presso il Tribunale di Bari disponeva nei confronti delle società (D) s.p.a. e (LF) s.c.r.l. la misura cautelare dell'interdizione per un anno dall'esercizio dell'attività, che sostituiva con la nomina del commissario giudiziale ai sensi dell'art. 45 comma 3 D.lgs. 8 giugno 2001 n. 231, per la stessa durata. La vicenda si inseriva nell'ambito di un procedimento penale riguardante un'associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati contro la pubblica amministrazione, volti all'aggiudicazione degli appalti dei servizi di pulizia ed ausiliariato banditi da diversi enti pubblici del settore sanitario pugliese – soprattutto aziende AUSL di varie province ed alcuni Comuni –, procedimento in cui venivano emessi provvedimenti cautelari coercitivi nei confronti di numerosi indagati per tali reati, alcuni dei quali commessi in favore delle due società. Per quanto riguarda gli illeciti contestati agli enti, il G.I.P., nell'ordinanza suindicata, metteva in rilievo come fosse stato realizzato un complesso sistema di corruzione che, con la complicità di funzionari amministrativi, aveva consentito alle due società di ottenere lucrosi appalti senza alcuna gara formale, nonché di ottenere l'illecita prosecuzione dei contratti di pulizia ed ausiliariato già appaltati, aggirando così le regole contrattuali imposte alla pubblica amministrazione ed offrendo, come contropartita, una costante disponibilità ad assecondare richieste clientelari provenienti dalla stessa amministrazione e dal mondo della politica, tra cui numerose richieste di assunzioni. Ad operare per conto delle società, ponendo in essere i reati contestati, sarebbero stati, nella ricostruzione fatta dal G.I.P., soggetti con funzioni di rappresentanza, di amministrazione e di direzione, anche di fatto, nelle due società. Su tali basi erano stati ritenuti sussistenti i gravi indizi richiesti dall'art. 45 D.lgs. 231/2001 in ordine agli illeciti amministrativi previsti dagli artt. 24 e 25 D.lgs. 231/2001, dipendenti dai reati di truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640 comma 2 n. 1 c.p.) e di corruzione (art. 319 c.p.) commessi, nell'interesse delle stesse società. 2. Il Tribunale di Bari, sull'appello proposto ai sensi dell'art. 52 comma 1 D.lgs. 231/2001 dalle società indagate, ha sostanzialmente confermato l'impianto dell'ordinanza cautelare, ridimensionando la durata della misura interdittiva – che portava a sei mesi – e confermando la nomina del commissario giudiziale. Inoltre, i giudici dell'appello hanno escluso l'applicabilità della misura interdittiva per gli illeciti dipendenti dal reato di truffa aggravata – non essendo prevista tale sanzione dall'art. 24 D.lgs. 231/2001 – e per alcuni episodi commessi prima dell'entrata in vigore della normativa citata (capi di imputazione provvisori n. 12, 16, 19, 26, 40, e 48), limitando la misura ai restanti episodi di corruzione riportati nell'ordinanza cautelare ai numeri 14, 18, 21, 28, 30, 32, 34, 48 e 50. 3. Contro questa ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la società (D) s.p.a. ex art. 52 comma 2 D.lgs. 231/2001, chiedendone l'annullamento per essere in toto affetta da evidenti violazioni di legge. 3.1. Innanzitutto, la società ricorrente ha premesso di avere ancora interesse all'impugnazione, nonostante l'intervenuta revoca della misura cautelare. 3.2. Con il motivo sub 2a) la ricorrente ha dedotto la nullità dell'ordinanza per violazione degli artt. 111 comma 2 Cost. e 125 comma 3 c.p.p., in quanto il giudice d'appello si sarebbe limitato a recepire acriticamente le osservazioni del Pubblico Ministero e le argomentazioni del G.I.P., che a sua volta ha motivato per relationem richiamando il provvedimento caute.....
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