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LA CONTROVERSA AMMISSIBILITÀ DELLA COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE NEI CONFRONTI DELL’ENTE IMPUTATO - di Francesco Vignoli, Procuratore dello Stato presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano
La letteratura penalistica maggioritaria ha inteso la responsabilità "amministrativa" introdotta dal d.lgs. n. 231 del 2001 quale una sorta di formula normativa adottata dal legislatore al mero scopo di evitare alla radice ogni possibile contrasto interpretativo con l'art. 27 Cost. La scelta "amministrativistica" non ha convinto gli interpreti che hanno riconosciuto nel provvedimento de quo un sostanziale superamento del brocardo societas delinquere non potest. L'intervento di riforma non soltanto introduce la possibilità di sanzionare il vero responsabile dell'illecito, ma anche, in disparte ogni considerazione punitiva, di consentire la costituzione di parte civile nei confronti dell'ente collettivo. Tale possibilità, peraltro, divide la critica. Seppure la competenza giurisdizionale sia stata rimessa dal legislatore al giudice penale (contrariamente alla scelta operata, con riferimento alle sanzioni amministrative punitive, dalla l. n. 6989/81) e sia stato previsto un sistema di norme, di inequivocabile matrice penalistica che si completa, ex art. 34 del d.lgs. cit., nel richiamo alla disciplina del codice di procedura penale del 1988, la prima giurisprudenza di merito intervenuta in argomento ha "evidenziato come la responsabilità in questione rivesta per espressa scelta legislativa, natura amministrativa, fungendo la commissione del reato da mero presupposto per la sua attivazione" . E' corretta l'individuazione di una responsabilità autonoma dell'ente collettivo rispetto al reato-presupposto commesso dall'agente-persona fisica. Appare invece più controversa la decisa presa di posizione in favore di una responsabilità che appare solo nominalmente amministrativa e ben distinta dalla "vera responsabilità amministrativa" di cui alla l. 689 del 1981. L'art. 185 c.p. vincola alla responsabilità civile chi abbia commesso un reato dal quale scaturiscano conseguenze patrimoniali o non patrimoniali. Si è sostenuto in giurisprudenza che, siccome il d.lgs. n. 231 del 2001 non introduce un illecito penale, l'ente non potrà essere chiamato a rispondere delle conseguenze civilistiche di un illecito penale che non può commettere. Pertanto potrà essere citato esclusivamente in qualità di responsabile civile ai sensi degli artt. 83 s. c.p.p. In favore di tale interpretazione vengono richiamati una serie di dati normativi. In primo luogo l'art. 54 del d.lgs. cit. La norma, nel prevedere e disciplinare il sequestro conservativo di beni facenti capo all'ente, ne limita l'operatività alle garanzie per il pagamento della sanzione pecuniaria, delle spese del procedimento e di ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato, individuando il P.M. quale unico titolare della relativa richiesta, e ciò in evidente deroga al disposto di cui all'art.316, comma 2, c.p.p. Il citato art. 54, nel richiamare l'art.316 c.p.p., si limita a rinviare esclusivamente al IV c., escludendo pertanto le disposizioni .....
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