25 gennaio 2024 (dep. 22 aprile 2024) n. 1070 - sentenza - Tribunale di Milano - sezione II penale* (Reati societari - Analisi di un Modello di organizzazione gestione e controllo giudicato idoneo - Fenomeno del c.d. management override ovvero uno scenario in cui il comportamento aziendale diviene forzatamente improntato alla sistematica violazione ed aggiramento fraudolento di ogni regola, procedura, codice etico e modello organizzativo, in presenza del quale qualsiasi Modello seppur adeguato ed efficacemente attuato non sarebbe in grade di evitare comportamenti elusivi e manipolatori - Le frodi perpetrate nel corso degli anni e le manipolazioni contabili che ne sono state la conseguenza sono state il frutto non della mancata adozione di un Modello di gestione del rischio-reato idoneo ed efficace bensì di una serie di comportamenti fraudolenti posti in essere da ‘pochi’, non evitabili né altrimenti prevedibili)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
SEZIONE SECONDA PENALE
Composto dai Magistrati:
Dott. Emanuele Mancini Presidente est.
Dott.ssa Francesca Ballesi Giudice est.
Dott. Lorenzo Lentini Giudice est
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa penale contro
(omissis)
8. Responsabilità amministrativa dell'ente ex artt. 5 e 25 d.lgs. 231/2001 (capo 10 di imputazione).
L'ultimo capo di imputazione vede coinvolta la società richiamando gli artt. 5 e 25 del d.lgs. 231/2001 perché, secondo l'impianto accusatorio, (…) dal 2011 al 2016 aveva adottato un modello di organizzazione e gestione controllo carente nella misura in cui lo stesso era privo di un'analisi del rischio-reato, nonché sprovvisto dei reali presidi di controllo interno idonei a prevenire la commissione dei delitti di false comunicazioni sociali di cui ai capi precedenti.
Accennando brevemente alla normativa di riferimento ed in particolare agli art. 5, 6 e 7 d.lgs. 231/2001, essi non contengono alcuna indicazione sul contenuto di un modello idoneo a prevenire il rischio-reato.
Infatti l'art. 5 menziona il criterio di imputazione del reato all'ente in presenza di reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione dell'ente nonché da persone a queste ultime sottoposte.
Gli artt. 6 e 7 del medesimo decreto distinguono il criterio di imputazione del rischio reato a seconda che l'illecito sia stato commesso da un soggetto apicale o piuttosto da un sottoposto.
In quest'ultimo caso l'ente risponde se la commissione del reato è resa possibile dall'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza.
Più complesso, invece, è il criterio di imputazione soggettiva laddove il reato sia attribuibile a un apicale, dal momento che, come è noto, l'ente non risponde se prova che:
a) l'organo dirigente ha adottato o efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;
d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'Organismo di Vigilanza (da ora OdV).
Come è facilmente intuibile le norme sono tutto sommato povere di indicazioni in ordine ai contenuti del modello di organizzazione, gestione e controllo del rischio reato.
Anche il riferimento ai Codici di comportamento (o linee guida) elaborati dalle associazioni di categoria e spesso evocati nei modelli adottati negli anni oggetto dei capi di imputazione non appare decisivo, trattandosi per lo più di documenti evocativi di valori e di principi generali di comportamento, che non di autentiche ‘cautele'.
Non resta allora che appellarsi alla funzione del modello o alle scarne indicazioni delle norme per provare a ritagliare la struttura del modello stesso alla luce della sua funzione di strumento teleologicamente rivolto alla ragionevole riduzione del rischio-reato.
Sul tema, prima di addentrarci nel merito delle contestazioni di cui al capo di imputazione, è opportuno fare una promessa su quello che dovrebbe essere il contenuto di un Modello 231 efficacemente strutturato.
8.1. Colpa di organizzazione e contenuto di un ‘Modello 231'.
È noto, infatti, che il d.lgs. 231/01 ha assunto un particolare significato nel nostro ordinamento giuridico, non solo perché ha determinato il superamento del dogma societas delinquere non potest, ma anche perché costituisce il terreno di elezione di quella categoria dogmatica già nota come colpa di organizzazione, la quale, in questo contesto, rimanda al fenomeno di una responsabilità collettiva dell'ente, intesa come un aggregato di individui che, proprio perché ‘organizzati', esprimono un'autonoma ‘mente collettiva' e una ‘metacompetenza di gruppo' in grado di fronteggiare situazioni complesse, indomabili dal singolo e da una ‘pluralità disorganizzata' di individui.
Si precisa inoltre che le decisioni organizzative non possono essere descritte come un momento unico e ben individuabile, rappresentando, invece, un atto complesso, articolato all'interno di un processo, che comprende:
a) l'individuazione del problema e la definizione degli obiettivi;
b) la diagnosi del problema alla luce delle condizioni ambientali (esterne) e d'impresa (interne);
c) lo sviluppo di diverse possibili alternative di soluzione;
d) la valutazione di alternative;
e) la selezione dell'alternativa migliore;
f) l'attuazione della decisione e la verifica dei risultati.
La scelta suggerita dal d.lgs. 231/01 è di tipo funzionale, tale per cui chi è collocato al vertice della gerarchia è tenuto a garantire, prima di tutto, che "il sistema funzioni", vale a dire a creare le condizioni che assicurino l'osservanza dei modelli predisposti.
I ruoli rivestiti dai singoli individui all'interno della gerarchia aziendale andranno a definire l'oggetto della garanzia; per questa via la frammentazione delle posizioni di garanzia assume una dimensione qualitativa, il che significa che chi è collocato in posizione apicale assicurerà, prima di tutto, l'adozione di un modello organizzativo che consenta un'adeguata protezione ai beni giuridici tutelati dalle norme penali e, scendendo ai piani inferiori, la garanzia si concretizzerà in rapporto al tipo di funzione in concreto esercitata (es. di direzione, di controllo, di consulenza...).
La distribuzione di una pluralità di garanti integra una condizione necessaria, ma non sufficiente, all'adempimento dell'obbligo di organizzazione: ci si limita, infatti, a collocare le pedine all'interno della società senza, però, individuare le regole di cui gli stessi garanti dovrebbero assicurare l'osservanza.
Viene, dunque, in rilievo la necessità di predisporre, all'interno della società, le risorse per forgiare i modelli di prevenzione del rischio-reato (i cc.dd. compliance programs statunitensi), che costituiscono l'autentico supporto materiale del dovere organizzativo.
La descritta bipartizione del dovere di auto-organizzazione dell‘ente trova nel Modello la sua traduzione formale e sostanziale; infatti la prassi applicativa fa registrare una diffusa tendenza a suddividere il Modello in una Parte Generale e in una Parte Speciale: la prima rivolta ad individuare la fisionomia strutturale del Modello e la seconda indirizzata sia ad individuare le attività maggiormente esposte al rischio reato, sia a formalizzare il contenuto delle cautele volte a prevenire il rischio reato attraverso singoli protocolli operativi richiamati nella Parte Speciale del modello.
In particolare la Parte Generale del Modello, oltre a descrivere la configurazione giuridica societaria e i correlati organi di amministrazione e di controllo che la compongono, dando atto di eventuali modificazioni intercorse nel tempo, dovrebbe contenere al suo interno:
a) il codice etico, che costituisce la tavola di valori ai quali la società si ispira;
b) le linee dell'attività di informazione e di formazione del Modello e dei protocolli di prevenzione;
c) le modalità di scoperta delle violazioni del Modello;
d) il sistema disciplinare;
e) l'istituzione, la composizione, il funzionamento e gli obiettivi dell'Organismo di Vigilanza (OdV).
Quanto alla Parte Speciale del Modello 231 essa contempla nello specifico:
1) la descrizione della struttura dei reati presupposto, il cui elenco è stato negli anni implementato dal legislatore e richiede, pertanto, una costante attività di aggiornamento da parte dell'ente;
2) la mappatura delle attività a rischio reato (risk assesment);
3) i principi generali di comportamento e i contenuti essenziali delle cautele ravvisate nei protocolli operativi;
4) la rubrica dei protocolli operativi, allegati al Modello stesso, che integrano il volto procedimentale e sostanziale della cautela orientata a ridurre il rischio-reato.
Così tratteggiate le linee generali della conformazione del Modello, nei prossimi paragrafi verranno svolti brevi cenni sulla Parte generale; ci si soffermerà più dettagliatamente sulla Parte Speciale, con particolare riguardo ai protocolli di prevenzione del rischio-reato che rappresentano ‘ il cuore pulsante' del Modello per poi entrare nel merito di quello adottato da e vagliarne la sua adeguatezza o meno in relazione all'art. 25 d.lgs. 231/2001.
8.2 Modello 231: la parte generale.
Così come accennato nella parte generale del Modello dovrebbe figurare il Codice etico, la cui funzione è quella di fissare i principi fondamentali di riferimento nella prevenzione degli illeciti.
Sul versante del contenuto il codice deve contemplate:
1) una introduzione che faccia riferimento alla legislazione, alle linee guida elaborate dall'Associazione di categoria e ad eventuali codici deontologici;
2) l'indicazione dei destinatari del Codice e le modalità di informazione e formazione sui contenuti dello stesso;
3) i principi etici di riferimento;
4) i principi e le norme di comportamento;
5) le sanzioni disciplinari conseguenti alla violazione delle disposizioni del Codice.
Un modello idoneo ed efficace, oltre a prevedere una puntuale configurazione degli assetti interni e dei relativi meccanismi di controllo endoaziendali, deve essere accompagnato da un'intensa attività di informazione e formazione del personale attuata sia attraverso una diffusione e comunicazione a tutto il personale del Modello e del Codice etico, sia attraverso delle qualificate iniziative di formazione finalizzate a divulgare ed implementare la comprensione delle procedure e delle regole comportamentali adottate; iniziative che non devono risolversi in attività formative impartite occasionalmente, ma devono piuttosto ispirarsi ai criteri di continuità e di intensità.
Sotto il profilo dell'efficace attuazione di un Modello 231 è indispensabile la predisposizione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato .....
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