21 aprile 2023 (ud. 4 aprile 2023) n. 17006 - sentenza - Corte di cassazione - sezione IV penale* (L’omesso deposito della dichiarazione di costituzione dell’ente nel processo, celebratosi con le forme del rito abbreviato cui abbia acconsentito il difensore dell'ente munito di procura speciale, non produce conseguenze sul piano delle prerogative difensive e non determina nullità delle sentenze di primo grado e di appello - La nullità invocabile nell’omesso deposito della dichiarazione di costituzione dell’ente nel processo, celebratosi con le forme del rito abbreviato cui abbia acconsentito il difensore dell'ente munito di procura speciale, non rientrerebbe tra quelle di cui all'art. 179 c.p.p. ma potrebbe al più considerarsi nullità di ordine generale ai sensi dell'art. 178 c.p.p., soggetta alle decadenze di cui agli artt. 180 e 182 c.p.p. e alle sanatorie di cui all’art. 183 c.p.p.)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta da
Francesco Maria Ciampi - Presidente
Lucia Vignale
Gabriella Cappello - Relatore
Marina Cirese
Gennaro Sessa
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(A) nato a (...);
(...) Rappr. Sig. (…);
avverso la sentenza del 22/03/2022 della Corte Appello di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
svolta la relazione dal Consigliere Gabriella Cappello;
il Procuratore generale, in persona del sostituto Marilia di Nardo, ha concluso depositando
memoria scritta, con la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi;
l'avv. (…) per la Società agricola (...) s.s. ha depositato memoria scritta, con la quale ha chiesto l'accoglimento dei motivi del ricorso e l'annullamento della sentenza impugnata, con i provvedimenti conseguenti;
l'avv. (…) per (...), ha depositato memoria scritta, con la quale ha chiesto che la vicenda venga riesaminata compiutamente da altro giudice di merito.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte d'appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Modena, resa all'esito di giudizio abbreviato, con la quale (...) era stato condannato a pena sospesa, nella qualità di datore di lavoro, per il reato di cui all'art. 589, c. 2, c.p. ai danni del lavoratore (...) e la società (...) s.a.s. dichiarata responsabile dell'illecito amministrativo dipendente dal reato e condannata alla relativa sanzione pecuniaria.
2. Nella specie, la vittima, da anni dipendente della citata azienda agricola, era stata ritrovata priva di vita all' interno del condotto fognario sottostante le stalle, ove era precipitato attraverso un tombino, trascinato dal potente flusso dei liquami.
Secondo la ricostruzione d'accusa, recepita già nella sentenza di primo grado, egli era caduto nel condotto, nel contesto lavorativo al quale era stato assegnato, cioè durante le operazioni di pulizia della stalla. I fatti erano stati ricostruiti in base agli accertamenti espletati e alla consulenza disposta dal P.M.: l'uomo aveva perso il sifone (che i lavoratori sfilavano per far defluire meglio i liquami), sganciato dal pozzetto di comunicazione tra stalla e condotto fognario (sifone, infatti, mancante dal pozzetto n. 4 e ritrovato a pochi metri dal corpo); si era abbassato per recuperarlo, cadendo accidentalmente nel pozzetto; stordito dai gas dei liquami, era stato travolto dal flusso di essi ed era annegato (causa del decesso accertata ad esito di consulenza autoptica).
Era stata, peraltro, esclusa la presenza di sostanze tossiche e/o farmacologiche tali da poter compromettere l'efficienza sensoriale e psicomotoria del soggetto, nonché la presenza di stati patologici preesistenti o di patologie spontanee che avessero potuto agire come fattori alternativi o concorrenti nel determinismo della caduta e/o del decesso.
Tale essendo la ricostruzione operata nel doppio grado di merito, quanto alle responsabilità, si è rimproverato al (...), datore di lavoro e responsabile per la sicurezza dei luoghi di lavoro (come dallo stesso dichiarato), di non avere segregato l' interno dei pozzetti (nei quali defluivano i liquami da deiezione degli animali, per poi essere incanalati nel condotto fognario) con idonee chiusure per impedire l'eventuale caduta all' interno (lasciando solo la possibilità del passaggio di arnesi da lavoro); e di avere previsto nel DVR solo in termini generici il pericolo di caduta, senza individuare procedure lavorative standard e tecnicamente adeguate per la manutenzione delle condotte di scolo e con la previsione della necessaria, contemporanea presenza di almeno due lavoratori.
L'ente ispettivo, nel verbale di prescrizioni, aveva rilevato la situazione di pericolo di caduta (art. 64, c. 1, lett. a) all. IV in riferimento ai punti 1.5. e 14.1 del d.lgs. 81/2008), prescrivendo la segregazione dell' interno dei pozzetti con grigliato d'acciaio; nella imputazione, si è contestata anche la violazione degli artt. 15, lett. c) e 28, c. 1 e 2, lett. d) del d.lgs. 81/2008, con riferimento alla attuazione delle procedure lavorative descritte (in base a quanto rinvenibile nella sentenza appellata: una volta al mese il singolo lavoratore provvedeva a smontare il sifone, previa apertura del tombino adiacente la stalla, i cui coperchi erano solo appoggiati; l'operazione era svolta in piedi dal lavoratore piegandosi in avanti o in ginocchio sul bordo del tombino; i lavoratori erano consapevoli del rischio di essere travolti dal flusso dei liquami e avevano imparato la procedura osservando i colleghi, senza aver seguito apposito corso di formazione).
3. Avverso la sentenza d'appello, hanno proposto ricorsi il (...) e l'ente.
3.1. La difesa del primo ha formulato un motivo unico, con il quale ha dedotto vizio della motivazione, con riferimento ai punti devoluti con il gravame. Il deducente osserva che i giudici d'appello non avrebbero esaminato tutti i motivi rassegnati dalla parte, allegando un silenzio motivazionale sulla rilevata assenza di lesioni sul corpo del lavoratore, ritenuta dalla difesa incompatibile con una caduta accidentale, tenuto conto che, all'eventuale caduta di oggetti, poteva ovviarsi recuperandoli dal tombino n. 4, lontano 45 metri dal luogo in cui fu rinvenuto il cadavere.
La difesa osserva di avere espressamente contestato i tre aspetti di colpa specifica ritenuta (assenza di protezioni anti caduta; omessa previsione del pericolo nel DVR; omessa previsione della presenza di una coppia di lavoratori) e gli elementi fattuali valorizzati dal Tribunale, rilevando che i tombini avevano dimensioni tali da non far temere il pericolo di caduta all' interno.
L'esistenza di un pozzetto più grande, inoltre, garantiva il recupero di oggetti caduti nelle condutture e, infatti, esso era stato trovato privo di protezione; laddove, il silenzio del DVR sulle procedure lavorative era compensato dalla conoscenza della prassi da parte della vittima; infine, neppure l'ente ispettivo aveva formulato prescrizioni sulla necessità della presenza di due lavoratori per eseguire il distacco del sifone.
Quanto al nesso causale, la difesa rileva la genericità della risposta della Corte territoriale, formulata senza neppure aver "compreso" l'effettiva dinamica dei fatti, essendo riportate contraddittoriamente due spiegazioni alternative (caduta accidentale e stordimento per le esalazioni; oppure accesso volontario).
3.2. La difesa della società ha formulato due motivi.
Con il primo, ha dedotto inosservanza della legge e di norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, con riferimento alla valida costituzione in giudizio dell'ente.
Premesso che l'art. 39 d.lgs. 231/2001 al comma 2 prevede che l'ente, per partecipare validamente al processo, deve avere un difensore e un procuratore speciale, la difesa assume la necessità che vi siano due distinti atti (ancorché graficamente contenuti nel medesimo documento); nella specie, la procura speciale rilasciata al difensore non fu mai da questi az.....
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