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6 dicembre 2018 (ud. 25 settembre 2018) n. 54640 - sentenza - Corte di Cassazione - sezione VI penale* (il sistema di attribuzione della responsabilità dell’ente si fonda sulla concreta riconducibilità del fatto alla sfera di operatività e interesse dell'ente e ad un profilo di immedesimazione della responsabilità la quale può essere esclusa solo nel caso di preventiva adozione di idonei modelli organizzativi cui sia correlato un proficuo e mirato sistema di prevenzione - nel caso di reato commesso da soggetto apicale la mancata adozione è di per sé bastevole al fine di suffragare la responsabilità dell'ente)



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIDELBO Giorgio - Presidente
Dott. GIANESINI Maurizio - Consigliere
Dott. TRONCI Andrea - Consigliere
Dott. RICCIARELLI Massimo - rel. Consigliere
Dott. COSTANTINI Antonio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1. (...), nato il (...);
2. (...) s.p.a., in persona del legale rappresentante (...);
avverso la sentenza emessa in data 14/12/2017 dalla Corte di appello di Milano;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Massimo Ricciarelli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Di Leo Giovanni, che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi;
udito il difensore, Avv. (...) per (...), che si è riportato ai motivi di ricorso;
udito il difensore, Avv. (...) per la società (...) s.p.a., che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 14/12/2017 la Corte di appello di Milano ha confermato quella del Tribunale di Milano del 26/10/2016, con la quale (...), responsabile del centro operativo di (...) della società (...) s.p.a., è stato riconosciuto colpevole del delitto di cui all'articolo 322 c.p., comma 2, contestatogli ai capi 3) e 4), in relazione ad offerte economiche formulate a (...), assistente della società pubblica (...) s.p.a., e con la quale la società (...) s.p.a. è stata riconosciuta responsabile dell'illecito amministrativo di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 25, comma 2, correlato alle contestazioni mosse al (...) sub 3 e 4).

2. Ha presentato ricorso il (...) tramite il suo difensore.
Deduce violazione di legge in relazione all'articolo 362 cod. pen. e inosservanza di norme stabilite a pena di inutilizzabilità in relazione agli articoli 197, 197-bis e 210 cod. proc. pen..
Erroneamente il (...) era stato escusso come teste, essendo emerso che egli era gravato da indizi di reità in ordine al delitto di omessa denuncia, di cui all'articolo 362 cod. pen., a seguito delle ricevute proposte corruttive, non potendosi affermare che egli avesse adempiuto all'obbligo, dando notizia al superiore gerarchico (...), e neppure che potesse valutare la serietà della proposta, come affermato dalla Corte in relazione al primo episodio.
In realtà sia il (...) che l' (...) avrebbero dovuto provvedere a denunciare il fatto di cui avevano avuto notizia, discendendo da ciò che almeno con riguardo al (...), se non anche con riguardo all' (...), si sarebbe dovuta prospettare la qualità di indagato, rilevante agli effetti dell'articolo 63 c.p.p., comma 2, fermo comunque l'obbligo di interrompere le sommarie informazioni del 22/10/2012, non appena era stato fatto riferimento alle proposte corruttive ricevute dal (...).
Né costui avrebbe potuto invocare l'ignoranza inevitabile della legge penale. Di qui l'inutilizzabilità delle dichiarazioni sulle quali si era fondata la condanna.

3. Ha proposto ricorso la società (...) s.p.a., tramite i suoi difensori.

3.1. Con il primo motivo deduce inosservanza di norme previste a pena di inutilizzabilità in relazione agli articoli 197, 197-bis e 210 cod. proc. pen..
Analogamente a quanto prospettato nel ricorso del (...) rileva l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dai testi (...) e (...), in quanto costoro erano gravati da indizi per il reato di cui all'articolo 362 cod. pen. non avendo provveduto tempestivamente a denunciare la proposta corruttiva con riguardo al primo dei due episodi: non avrebbe potuto dirsi che il (...) avesse ottemperato all'obbligo riferendo il fatto ai superiori, in quanto non si era considerato il primo episodio e non si era valutato il fatto che la comunicazione del (...) aveva coinvolto anche l' (...), parimenti gravato da obbligo di denuncia, essendo anzi risultato che era stato concordato da costoro di non presentare denuncia; non si sarebbe potuto inoltre non rilevare il ritardo, essendo il primo episodio risalente all'anno precedente e non venendo meno l'illiceità in ragione della denuncia successiva, e neppure avrebbe potuto darsi rilievo all'inesperienza del (...) e all'esigenza di evitare denunce azzardate, ciò su cui aveva fatto leva la Corte di appello, posto che l'obbligato non può valutare giuridicamente il fatto e considerare eventuali esimenti e non può addurre neppure l'errore sull'obbligatorietà della denuncia.
D'altro canto i due testi avrebbero dovuto essere sentiti dall'inizio come imputati in procedimento connesso o collegato, discendendone l'inutilizzabilità delle dichiarazioni, posto che dall'articolo 63 cod. proc. pen., comma 2, si evince che la materia non è disciplinata nel solo interesse del dichiarante ma anche nell'interesse della genuinità della prova e della legalità della sua acquisizione.

3.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge processuale per difetto di correlazione tra contestazione e sentenza in relazione all'articolo 522 cod. proc. pen. e articolo 521 cod. proc. pen., comma 2.
Alla società era stato contestato l'illecito amministrativo nel presupposto della posizione apicale del (...), mentre la condanna era avvenuta nel diverso presupposto del ruolo non apicale, cosicché era stato fatto riferimento non al canone di imputazione di cui agli articoli 5, comma 1, lettera a), e 6 d.lgs. n. 231 del 2001, ma a quello di cui agli articoli 5, comma 1, lettera b), e 7 d.lgs. 231 del 2001, non potendosi al riguardo parlare di derubricazione, ma di rilievo di un profilo eterogeneo, implicante la verifica del livello organizzativo all'interno del quale il reato era stato commesso e gli obblighi di direzione e vigilanza omessi, fermo restando che la contestazione non conteneva alcun riferimento agli elementi che integrano l'illecito ai sensi dell'articolo 7 del d.lgs. 231/ del 2001..

3.3. Con il terzo motivo denuncia vizio di motivazione in ordine al canone di imputazione dell'interesse dell'ente.
La Corte aveva fornito con riguardo a tale criterio di imputazione una motivazione apodittica e illogica, sebbene fosse stato dato atto della finalità del (...) di consolidare la sua posizione all'interno della società, elemento tale da attestare l'interesse esclusivo del predetto, a fronte del quale era stato rilevato l'interesse della società all'eliminazione o riduzione di sanzioni e penali o, come rilevato dalla Corte, all'azzeramento dei controlli, senza che tuttavia fosse stato dato conto di tale convincimento, contrastato dalla modestia delle somme richieste a titolo di sanzioni e dall'interesse della società ad avvalersi piuttosto di personale efficiente e all'altezza.
In realtà i Giudici di merito avevano fatto riferimento alla lettera del (...) del 30 settembre 2011 e al riferimento che lo stesso (...) aveva fatto all'esigenza di evitare un danno di immagine nei confronti della direzione di (...): la condotta elusiva del (...) avrebbe dovuto dunque essere correttamente intesa, risultando illogiche le valutazioni della Corte che non aveva spiegato le ragioni per cui il dipendente dovesse agire contro la società, e insufficienti nella parte in cui non aveva rilevato l'opposto interesse della (...).
Ma il vizio di motivazione era rilevabile anche in relazione alla indebita sovrapposizione dei profili dell'interesse e del vantaggio, il primo da valutarsi ex ante e il secondo di natura oggettiva, val.....

 

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