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Gio, 6 Feb 2025 |
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NUOVI PROFILI DI RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA DELLE SOCIETA’ PER RICICLAGGIO - I° PARTE - di Alessandro Traversi, Docente di diritto penale commerciale nell’Università degli Studi di Firenze
1. Premessa. Il catalogo dei reati che possono dare luogo alla responsabilità amministrativa degli enti, inizialmente contenuto negli artt. 24 e 25 del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, che contemplano delitti di truffa a danno di enti pubblici e indebita percezione di finanziamenti pubblici nonché delitti contro la pubblica amministrazione, è andato, negli ultimi tempi, progressivamente ampliandosi. Del resto, l'iniziale limitatezza delle fattispecie di reati- presupposto, ritenuta più opportuna dal legislatore delegato in considerazione della portata radicalmente innovativa del D.Lgs. n. 231/2001, era ab origine destinata ad estendersi. Tant'è che nella stessa Relazione al provvedimento legislativo in questione si dava atto che "la struttura e la funzione del modello di responsabilità sanzionatoria degli enti prefigurate nel presente decreto legislativo sembrano perfettamente idonee, con l'aggiunta di qualche semplice adattamento, a ricomprendere e disciplinare, in futuro, forme di responsabilità legate ad un più ampio ventaglio di reati". E infatti, coerentemente con tale impostazione, negli ultimi tempi, sono state introdotte nuove ed eterogenee tipologie di reati-presupposto: "falsità in monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo" (art. 25 bis, inserito dall'art. 6 del D.L. 25 settembre 2001, n. 350, convertito nella legge 23 novembre 2001, n. 409), "reati societari" (art. 25 ter, inserito dall'art. 3, comma 2, del D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61), "delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico" (art. 25 quarter, inserito dall'art. 3 della legge 14 gennaio 2003, n. 7), "pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili" (art. 25 quater 1, inserito dall'art. 8 della legge 9 gennaio 2006, n. 7), "delitti contro la personalità individuale" (art. 25 quinquies, inserito dall'art. 5 della legge 11 agosto 2003, n. 228) e "abusi di mercato" (art. 25 sexies, inserito dall'art. 9, comma 3, della legge 18 aprile 2005, n. 62). 2. La nuova nozione di "reato transnazionale". L'ultima e più recente estensione dell'area applicativa della responsabilità amministrativa degli enti è stata operata dalla legge 16 marzo 2006, n. 146, di "ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall'Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001" (nota come Convenzione di Palermo), la quale, all'art. 10, ha introdotto la responsabilità amministrativa degli enti in relazione a determinate ipotesi di "reato transnazionale". La definizione di "reato transnazionale" è contenuta nell'art. 3 della medesima legge n. 146/2006, laddove si specifica che si considera tale "il reato punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, qualora sia coinvolto un gruppo criminale organizzato", con l'ulteriore condizione che sussista almeno uno dei seguenti requisiti: "sia commesso in più di uno Stato", ovvero "sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato", ovvero "sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato" ovvero "sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato" [art. 3, lett. a), b), c) e d)]. Orbene, anche se tale definizione sembra prefigurare una autonoma tipologia di reato, in realtà si tratta semplicemente della "natura" di un reato già definito come tale nella legislazione nazionale. Ciò, del resto, si evince anche dal testo stesso dell'art. 3.....
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