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LA CONTROVERSA AMMISSIBILITA' DELLA COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE NEI CONFRONTI DELL'ENTE IMPUTATO - II° PARTE - di Francesco Vignoli, Procuratore dello Stato presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano
(segue) 5. Possibilità e limiti della costituzione di parte civile nei confronti dell'ente collettivo Seppure la competenza giurisdizionale sia stata rimessa dal legislatore al giudice penale (contrariamente alla scelta operata, con riferimento alle sanzioni amministrative punitive, dalla l. n. 6989/81) e sia stato previsto un sistema di norme, di inequivocabile matrice penalistica che si completa, ex art. 34 del d.lgs. cit., nel richiamo alla disciplina del codice di procedura penale del 1988, la prima giurisprudenza di merito intervenuta in argomento ha "evidenziato come la responsabilità in questione rivesta per espressa scelta legislativa, natura amministrativa, fungendo la commissione del reato da mero presupposto per la sua attivazione" . E' corretta l'individuazione di una responsabilità autonoma dell'ente collettivo rispetto al reato-presupposto commesso dall'agente-persona fisica. Appare invece più controversa la decisa presa di posizione in favore di una responsabilità che appare solo nominalmente amministrativa e ben distinta dalla "vera responsabilità amministrativa" di cui alla l. 689 del 1981. L'art. 185 c.p. vincola alla responsabilità civile chi abbia commesso un reato dal quale scaturiscano conseguenze patrimoniali o non patrimoniali. Si è sostenuto in giurisprudenza che, siccome il d.lgs. n. 231 del 2001 non introduce un illecito penale, l'ente non potrà essere chiamato a rispondere delle conseguenze civilistiche di un illecito penale che non può commettere. Pertanto potrà essere citato esclusivamente in qualità di responsabile civile ai sensi degli artt. 83 s. c.p.p. In favore di tale interpretazione vengono richiamati una serie di dati normativi. In primo luogo l'art. 54 del d.lgs. cit. La norma, nel prevedere e disciplinare il sequestro conservativo di beni facenti capo all'ente, ne limita l'operatività alle garanzie per il pagamento della sanzione pecuniaria, delle spese del procedimento e di ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato, individuando il P.M. quale unico titolare della relativa richiesta, e ciò in evidente deroga al disposto di cui all'art.316, comma 2, c.p.p. Il citato art. 54, nel richiamare l'art.316 c.p.p., si limita a rinviare esclusivamente al IV c., escludendo pertanto le disposizioni di cui ai commi II e III, concernenti le facoltà della parte civile. Nello stesso senso depone la disciplina contenuta nell'art. 69 del provvedimento di riforma concernente la sentenza di condanna pronunciata a carico dell'ente. Nella norma de qua il legislatore non fa alcun cenno alle questioni civili. E non vale a dimostrare il contrario l'invocazione all'art.35 d.lgs. cit. in base al quale all'ente si applicano le disposizioni processuali relative all'imputato, in quanto compatibili, dal momento che la stessa sembra riferirsi alla normativa processuale relativa alle garanzie senza estendersi a un'analogia in malam partem di disposizioni normative peraltro di diritto sostanziale e non processuale, quale appunto l'art. 185 c.p. Inoltre in tema di archiviazione l'art. 58 della novella del 2001 non prevede, a differenza dell'art. 408, II c., c.p.p., alcun avviso alla persona offesa della determinazione dei Pm di procedere alla archiviazione del procedimento. Tanto meno possono invocarsi le norme che contemplano particolari benefici sanzionatori per l'ente nell'ipotesi di cui lo stesso abbia provveduto all'integrale risarcimento del danno. Ne discende che le società potranno unicamente essere citate quali responsabili civili in quanto la carente previsione di norme specifiche relative alla costituzione di parte civile non può.....
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