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Mer, 19 Mar 2025 |
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IL DOPPIO LIVELLO DI LEGALITA' DELLA RESPONSABILITA' DELL'ENTE: CONTESTAZIONI INDIRETTE E PARALLELE TRA VERI PROBLEMI E FALSE SOLUZIONI - di Daniele Piva, Diritto penale presso l'Università degli Studi di Roma Tre
1) Il decreto 231 come sistema chiuso a rinvio fisso: i deficit coordinamento nelle ipotesi di successione mediata L'art. 2 d.lgs. 231/2001 estende il principio di legalità alla responsabilità amministrativa dell'ente stabilendo che il reato-presupposto deve essere espressamente previsto da una legge entrata in vigore prima della sua commissione: combinando il vincolo desumibile dall'avverbio utilizzato con quello di determinatezza, tassatività e irretroattività cui rispondono i medesimi fatti in relazione ai quali l'ente può essere chiamato a rispondere - siano essi reati che illeciti amministrativi soggetti all'art. 1, L. 689/1981 - se ne desume il divieto di applicazioni analogiche o, più radicalmente, del ricorso a qualsiasi criterio di interpretazione (teleologica, funzionale, sistematica, costituzionalmente o convenzionalmente orientata, etc.) in funzione di un'affermazione implicita di responsabilità cui fa da pendant, sul versante processuale, l'obbligo di proscioglimento nel caso di dubbio di cui all'art. 66 d.lgs. 231/2001. Come chiarito sin dalla stessa relazione ministeriale al decreto, si richiede quindi un doppio livello di legalità , in quanto il fatto della persona fisica deve essere previsto come reato nonché inserito nel tassativo elenco dei reati presupposto, in virtù di leggi entrate in vigore prima della sua commissione : in questo senso, l'art. 2 esprime anche un principio di specialità come alternativa alla previsione di una responsabilità generale dell'ente . In ciò, peraltro, si coglie un'opzione di fondo per un sistema chiuso e non aperto, composto da rinvii fissi e non mobili a disposizioni aliunde collocate, essendosi il legislatore voluto riservare nel tempo l'ampliamento del catalogo degli illeciti sulla base di una ponderazione di interessi rispetto alla quale non si è lasciato alcuno spazio a meccanismi di creazione giurisprudenziale : tanto che l'unica risposta alla disomogeneità del quadro normativo – nel quale, nonostante i diversi tentativi di riforma (specie della Commissione Greco), per un verso risultano tuttora esclusi reati-presupposto tipicamente riconducibili all'attività d'impresa (come quelli tributari, di usura o estorsione, truffa a danno di privati, inadempimento e frode nelle pubbliche forniture, turbativa d'asta, abusivismo bancario e finanziario o trattamento illecito di dati personali), per altro verso vengono inclusi delitti (di criminalità organizzata, terrorismo, tratta di esseri umani, pedofilia e mutilazioni genitali) connessi a strutture criminali ontologicamente estranee alla stessa logica della prevenzione - può consistere, come sinora avvenuto, in meri moniti rivolti al legislatore , neppure potendosi evidentemente prospettare questioni di legittimità costituzionale in funzione di interventi additivi in malam partem . Viceversa, il richiamo al principio di legalità ha sinora condotto all'affermazione di potenziali fenomeni di abolitio a fronte di modifiche normative attuate senza un preciso coordinamento col d.lgs. 231/2001. Il caso più noto è quello del falso nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione di cui all'art. 2624 c.c. rispetto al quale, a seguito dell'abrogazione disposta dagli artt. 37 e 40 d.lgs. 39/2010 anche in relazione all'art. 174-bis d.lgs. 58/1998, con trasfusione del medesimo testo nell'art. 27 d.lgs. 39/2010, è mancato un intervento sull'art. 25-ter d.lgs. 231/2001 in cui è rimasto invariato il richiamo alla disposizione civilistica: tanto da costringere le Sezioni Unite ad escludere, indipendentemente dalla continuità normativa tra vecchia e nuova incriminazione, ogni residua responsabilità dell'ente ai sensi dell'art. 3 comma 1 d.lgs. 231/2001, non spettando peraltro al giudice, una volta esclusa l'ipotesi di casualità, di stabilire se la scelta normativa potesse essere frutto di negligenza o di involontaria svista . Né da questo illustre precedente sembra aver del tutto imparato il legislatore il quale, successivamente, sia pur in modo meno marcato, ha mostrato di non considerare a pieno le implicazioni derivanti dal rispetto del principio di legalità. In materia di autoriciclaggio, ad esempio, già si ebbe modo di segnalare che l'art. 5 d.lgs. 90/2017, come inizialmente pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 19 giugno 2017, aveva sostituito l'art. 25-octies d.lgs. 231/2001 con una disposizione che non lo contemplava più come reato-presupposto: tanto che, nell'immediato, in data 28 giugno 2017 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (serie generale n. 149) un comunicato di rettifica volto a correggere la predetta espunzione. Sennonché, in tal modo i problemi non sembrano risolti in quanto il potere di rettifica risulta esercitato in assenza dei relativi presupposti, producendo, peraltro, effetti penali in malam partem. L'art. 8, comma 2, del D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sulla emanazione dei decreti del presidente della repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della repubblica italiana) dispone, infatti, che «gli errori e le omissioni vengono rettificati nei casi e secondo le modalità previsti dal regolamento di esecuzione del presente testo unico» (D.P.R. del 14 marzo 1986, n. 217) ossia per meri errori di stampa (art. 14) o difformità tra il testo promulgato o emanato dal Presidente della Repubblica e quello effettivamente approvato dal Parlamento o dal Consiglio dei Ministri (art. 15): casi non ricorrenti nel caso di specie in cui piuttosto era stato eliminato, sia nella rubrica che nel testo dell'art. 25-octies d.lgs. 231/2001, il riferimento all'art. 648-ter1 c.p. e nei quali, ove pure si fosse intervenuti con un decreto legge ad hoc, si sarebbero oltretutto potuti determinare gli effetti intertemporali tipici della lex mitior di cui all'art. 3, d.lgs. 231/2001 . Da ultimo, nell'introdurre col d.lgs. 21/2018 il principio della riserva di codice in materia penale con trasfusione in esso di alcuni reati-presupposto previsti nella legislazione complementare, il legislatore si è premurato di introdurre una disposizione di coordinamento per relationem (art. 8) cui, tuttavia, non sono estranei potenziali effetti distorsivi: in tema di reati ambientali, ad esempio, nell'art. 25-undecies, d.lgs. 231/2001 risulta ora alterato l'ordine dapprima correttamente seguito nell'elencazione delle fattispecie-presupposto dal m.....
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