REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE PENALE
Composta da Giorgio Fidelbo - Presidente
Angelo Costanzo
Orlando Villoni
Paolo Di Geronimo - Relatore
Ombretta Di Giovine
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da (X) s.r.l. avverso la sentenza del 25/5/2023 emessa dal Tribunale di Perugia visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Paolo Di Geronimo;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Marilia Di Nardo, che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
letta la memoria dell'Avvocato …, il quale conclude per l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Nei confronti della società ricorrente veniva emessa sentenza di applicazione della pena, in relazione all'illecito amministrativo previsto dall'art. 24 d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, conseguente al reato di cui all'art. 316-ter cod. pen. commesso dal legale rappresentante.
In particolare, quest'ultimo otteneva un finanziamento, accedendo dal Fondo di garanzia per le PMI, finalizzato ad avere liquidità per il pagamento di fornitori e dipendenti, così come previsto dalla normativa emergenziale introdotta dal d.l. n. 23 del 2020.
Il finanziamento, dell'importo di € 30.000, erogato da un istituto di credito e assistito dalla predetta garanzia, non veniva impiegato quale prestito infruttifero in favore dell'amministratore che utilizzava la somma per l'acquisto di un immobile.
Il Giudice dell'udienza preliminare, oltre a recepire l'accordo sulla pena, disponeva anche la confisca del profitto del reato ai sensi dell'art. 19 d.lgs. n. 231 del 2001, quantificato in € 30.000, somma corrispondente all'importo del finanziamento.
2. Avverso tale sentenza, la ricorrente ha formulato due motivi di impugnazione, per violazione dell'art. art. 19 d.lgs. n. 231 del 2001, nonché per vizio della motivazione, che possono essere unitariamente sintetizzati.
Sostiene che il giudice dell'udienza preliminare avrebbe erroneamente quantificato il profitto dell'illecito in una somma pari all'ammontare del finanziamento, omettendo di considerare che tale importo costituisce un debito per il beneficiario e, quindi, non può essere individuato come un indebito arricchimento.
Per effetto della confisca si determinerebbe una duplicazione di pagamento, posto che da un lato la società verrebbe privata dell'importo finanziato e, al contempo, permarrebbe l'obbligo di restituzione nei confronti dell'istituto mutuante.
Si sottolinea come il giudice abbia disposto la confisca senza motivare sulle ragioni per cui il profitto del reato era individuabile nell'intero ammontare del finanziamento.
3. Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. In via preliminare, si rileva che il ricorso è ammissibile, posto che la confisca non è stata concordata dalle parti, essendo stata disposta unilateralmente dal giudice e, pertanto, non sono applicabili le limitazioni previste dall'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 21368 del 26/9/2019, dep.2020, Savin, Rv. 2279348).
3. Il ricorso proposto dal ricorrente, lì dove va a sindacare il potere di quantificazione del profitto confiscato e la corretta determinazione dello stesso da parte del giudice, implica la risoluzione di una questione preliminare e assorbente, concernente .....