LA LEGGE SUL RISPARMIO: PRIMA LETTURA DELLE MODIFICHE APPORTATE ALLA DISCIPLINA DELLA RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI DI CUI AL D.LGS. N. 231/2001 di Andrea Perini, dottore commercialista, Professore associato di Diritto penale commerciale presso la Facoltà di Economia dell’Università di Torino
Come è noto, la recente L. n. 262/2005 in tema di tutela del risparmio ha introdotto alcune, rilevanti, modificazioni alla disciplina sanzionatoria degli enti e, quindi, al D.Lgs. n. 231/2001. Si tratta, è bene premetterlo, di interventi tali da ridisegnare profondamente la responsabilità degli enti conseguente alla commissione di illeciti penali societari, cosicché vale la pena tentarne una prima, sommaria, ricognizione.
Cercando di dare un minimo di sistematicità ad un tema frammentato in numerose disposizioni della L. n. 262/2005, si articolerà l'esame attorno a quelle che sembrano essere le tre tipologie di intervento del legislatore:
a) abrogazione di ipotesi di responsabilità degli enti;
b) introduzione di nuove ipotesi di reato coinvolgenti anche gli enti;
c) inasprimento delle sanzioni previste per fattispecie che già contemplavano la responsabilità degli enti.
In limine, varrà anche la pena spendere qualche considerazione in merito a talune ipotesi di illecito rispetto alle quali il legislatore ha ritenuto di non ricorrere ad una ulteriore estensione dell'ambito applicativo del D.Lgs. n. 231/2001, oggi del tutto dimentico dell'ormai corposo "statuto penale" delineato dal TUF.

 

1. ABROGAZIONE DI IPOTESI DI RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI

 

1.1. IL FALSO IN PROSPETTO

 

Il primo aspetto della riforma sul quale pare utile soffermare l'attenzione è anche quello sicuramente più inatteso. Ed infatti, in un corpus normativo certamente volto ad inasprire il trattamento sanzionatorio a fronte di condotte potenzialmente pregiudizievoli degli interessi dei risparmiatori, è possibile riscontrare anche un caso di arretramento della responsabilità degli enti. E' questo, infatti, l'effetto scaturente dall'abrogazione dell'art. 2623 c.c. con conseguente "traslazione" del reato di falso in prospetto nell'ambito del Testo unico della finanza, in seno al novello art. 173 bis. (cfr. art. 34 della L. n. 262/2005).
Con riferimento al falso in prospetto, infatti, la L. n. 262/2005 ha offerto al legislatore l'occasione per riformulare una fattispecie certo non scevra da critiche, abbandonando il modello bipartito (contravvenzione e delitto) a favore di una figura unitaria di delitto non troppo lontana dalle false comunicazioni sociali "ante riforma" del 2002. Identica al previgente falso societario ed in linea con l'ipotesi di aggiotaggio di cui all'art. 2637 c.c. è anche la risposta sanzionatoria: la reclusione da uno a cinque anni, infatti, lascia intuire la volontà del legislatore di rivitalizzare la repressione del mendacio racchiuso nel prospetto informativo o in altri documenti dotati di analoga diffusività. Nondimeno, l'espunzione del falso in prospetto dall'ambito dei reati societari contemplati dal codice civile ha comportato anche la fuoriuscita della fattispecie dal novero dei reati previsti dall'art. 25 ter del D.Lgs. 231/2001, con conseguente venir meno della responsabilità dell'ente.

 

E' difficile ritenere che si sia al cospetto di una svista del legislatore, atteso che anche il disegno di legge approvato dal Senato l'11 ottobre del 2005, prima di subire i "ritocchi" che avrebbero poi dato vita al testo divenuto legge, prevedeva una disciplina del falso in prospetto del tutto identica. Ed anche la proposta per la redazione di un testo unificato di diversi progett.....


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