SCELTA E COMPOSIZIONE DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA. LINEE GUIDA, PRASSI AZIENDALE, GIURISPRUDENZA - di Fabio Ledda, dottore commercialista
1. Premessa
Il presente scritto si propone di sviluppare il tema della scelta e della composizione dell'Organismo di Vigilanza (di seguito, "OdV") previsto dal DLgs 8 giugno 2001, n. 231 (di seguito, "DLgs 231" o "Decreto"), con l'obiettivo di fornire un quadro di riferimento il più possibile oggettivo sui fattori da considerare nella valutazione delle possibili alternative nella scelta e nella composizione dell'OdV. "Oggettivo" nel senso che vorrei prescindere il più possibile dalla mia personale opinione, che, ove espressa, residualmente, verrà indicata come tale.
Provo perciò a pormi nell'ottica dell'azienda o dell'altro "ente" che, avendo adottato o comunque approssimandosi ad adottare il "modello di organizzazione e gestione" ai sensi del DLgs 231 (di seguito, "modello 231" o "modello") si domanda diligentemente quale sia la modalità più corretta di rispettare il disposto dell'art. 6, co. 1, lettere b), al fine di ottenere i benefici attesi dall'adozione del modello, vale a dire evitare la responsabilità amministrativa dell'ente per eventuali reati commessi da soggetti che operano per suo conto.
La considerazione che precede può sembrare lapalissiana, ma, in realtà, non lo è, osservato che, purtroppo non di rado, si rileva una "ingenua" quanto superficiale propensione a ritenere che l'adozione del modello e la nomina dell'OdV sia di per sè sufficiente a proteggere l'ente. Altre volte la designazione dell'OdV appare come l'ultima scelta, che arriva, sia sul piano temporale sia dell'importanza, a valle di un lungo, laborioso, oneroso percorso (analisi e studi di fattibilità preliminari, richiesta di preventivi, conferimento dell'incarico a consulenti esterni, analisi dei rischi, ecc. ecc., fino ad arrivare all'approvazione da parte del Consiglio di Amministrazione). A tale idea, si aggiunge poi spesso vuoi la fretta (nel compiere una decisione necessaria, perché si "scopre" che il modello lo richiede, ma fino a un certo punto del tutto trascurata), vuoi la necessità di contenere i costi di gestione del modello, vuoi la presuntuosa valutazione di esponenti aziendali e consulenti, che ritengono che la scelta dell'OdV possa essere il frutto di una personale elaborazione concettuale sul tema, largamente svincolata da qualsiasi "parametro" ufficiale.
2. I riferimenti normativi
In una scelta che voglia dirsi diligente, prima di tutto occorre considerare che cosa ha esattamente previsto la legge, quindi il DLgs 231.
L'art. 6, co. 1, lettera a) del Decreto dispone che l'esonero da responsabilità amministrativa richiede che il modello sia:
- adottato ed efficacemente attuato;
- idoneo a prevenire reati (della specie di quello verificatosi).
I requisiti di idoneità e di efficace attuazione del modello sono fondamentali, in quanto costituiscono il presupposto imprescindibile affinché il modello abbia realmente una "forza" esimente.
Detti concetti sono legati al rispetto degli altri requisiti richiesti dal Decreto. Non c'è perciò "idoneità" o "efficace attuazione" (e, di conseguenza, viene a mancare la capacità esimente del modello 231) se non si rispetta, ad esempio, il precetto, contenuto nella lettera "b" della norma sopraccitata:
- "il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell'ente (l'OdV, appunto) dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo."
Nella norma appena richiamata sono rinvenibili due distinti precetti:
1) l'OdV è elemento essenziale e imprescindibile del modello previsto dal Decreto per evitare la responsabilità amministrativa dell'ente: in pratica, l'ente potrebbe anche avere un sistema organizzativo che potrebbe essere in astratto idoneo a prevenire i reati, ma, in assenza di un apposito OdV, sarebbe in ogni caso applicabile quanto previsto dall'art. 5 del Decreto ("Responsabilità dell'ente").
2) la nomina di un OdV è necessaria ma non è sufficiente di per sé, perché tale organo deve essere scelto e strutturato scelto in modo che abbia "autonomi poteri di iniziativa e controllo".
Questo è ciò che richiede la legge, la quale, volutamente, non ha voluto spingersi a disciplinare nel dettaglio la declinazione pratica del precetto, perché nessuna scelta in merito alla composizione dell'OdV è migliore in assoluto, ma va calibrata in ragione di una serie di parametri che tengono conto del settore di attività, delle tipicità operative, delle caratteristiche aziendali, del rischio reato nelle varie aree, della preesistenza di di sistemi di controllo interno, della presenza di competenze interne adeguate a ricoprire il ruolo, ecc. Ed è questo il motivo per cui, pur passando in rassegna tutte le macro-alternative a disposizione, non mi spingerò fino a darne una valutazione individuale, essendo tutte valide (o non valide) a seconda del contesto.
E a questo punto dell'analisi, molti potrebbero essere tentati a dire: "quindi, in pratica, si può fare come si vuole". A parere di chi scrive non è proprio così. Prima di tutto perché occorre compiere un'analisi interpretativa attenta della norma, che esprime alcuni concetti di fondo piuttosto selettivi. E, in secondo luogo, perché, al fine di affinare.....