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LA RESPONSABILITÀ PENALE DELLE PERSONE GIURIDICHE NELL’ORDINAMENTO FRANCESE - di Valentina Altare, dottoranda di ricerca in diritto penale italiano e comparato, Università di Torino






1. Premessa

Com'è noto, l'entrata in vigore del nuovo codice penale (avvenuta il 1° marzo 1994) ha segnato il definitivo superamento del principio societas delinquere non potest da parte dell'ordinamento francese; il legislatore d'oltralpe, tralasciando le questioni teoriche ed adottando un atteggiamento di schietto pragmatismo, ha infatti introdotto nella parte generale del codice la disciplina della responsabilità penale delle persone giuridiche.
Una sola disposizione, l'art. 121-2 c. pén., è dedicata alla fissazione dei criteri di attribuzione della responsabilità ai soggetti collettivi; criteri che si riducono alla previsione della commissione di un reato per conto della persona giuridica da parte di un suo organo o rappresentante. Ne è derivato un modello punitivo caratterizzato da ampia flessibilità, i cui contenuti sono stati progressivamente implementati (e con risultati non sempre rispettosi dei principi generali del sistema penale) in via interpretativa da parte della giurisprudenza.


2. I destinatari della disciplina

L'art. 121-2 c. pén. si occupa in primo luogo di circoscrivere l'ambito di applicazione della disciplina, stabilendo che sono passibili di responsabilità penale le sole personnes morales: restano pertanto esclusi dal novero dei destinatari della norma gli enti sforniti di personalità giuridica. Merita sottolineare che la formulazione codicistica non attribuisce alcun rilievo all'attività, economica o meno, svolta dal soggetto collettivo, né allo scopo di lucro eventualmente perseguito dallo stesso.
Alla luce del criterio appena indicato possono essere chiamate a rispondere penalmente, quali persone giuridiche di diritto privato, le società civili e commerciali, le società cooperative, le associazioni e le fondazioni, ma anche le cc.dd. istituzioni rappresentative dei lavoratori dipendenti, nonché i sindacati ed i partiti politici. Questi ultimi (sindacati e partiti politici) godono tuttavia di un regime sanzionatorio di favore, non potendo essere destinatari, ai sensi dell'art. 131-39 c. pén., delle più severe pene strutturali dello scioglimento (escluso anche per le istituzioni rappresentative dei lavoratori) e della sottoposizione a sorveglianza giudiziaria.
Il nuovo codice penale francese include poi tra i destinatari della responsabilità di cui all'art. 121-2 anche le persone giuridiche di diritto pubblico, in ossequio al principio di uguaglianza, con l'obiettivo di «parificare settore pubblico e settore privato di fronte alla pretesa punitiva» (GIAVAZZI, La responsabilità penale delle persone giuridiche: dieci anni di esperienza francese, in Riv. Trim. Dir. Pen. Econ., 2005, 873).
Due soltanto le eccezioni contemplate in proposito. La prima concerne, comprensibilmente, lo Stato: sarebbe, infatti, stato irragionevole prevedere che il titolare del potere di punire potesse essere anche destinatario della sanzione penale.
La seconda limitazione riguarda gli enti pubblici territoriali ed i loro groupements (quali, ad esempio, le communautés e i syndicats), che potranno essere destinatari di responsabilità penale esclusivamente in relazione ai «reati commessi nell'esercizio di attività suscettibili di formare oggetto di convenzioni di delega di servizio pubblico» (art. 121-2, c. 2, c. pén.).
Unico riferimento normativo al riguardo è dato dall'art. L.1411-1 del codice generale degli enti pubblici territoriali, ai sensi del quale la delega di servizio pubblico consiste in un «contratto in virtù del quale una persona giuridica di diritto pubblico affida la gestione di un servizio pubblico di cui ha la responsabilità ad un delegato pubblico o privato remunerato, per una parte sostanziale, in funzione dei risultati della gestione del servizio». La definizione riportata conduce pertanto ad affermare, da un lato, che gli enti pubblici territoriali non possono essere chiamati a rispondere dei reati commessi nell'esercizio di attività riconducibili alla nozione di pubblica funzione (puissance publique) in quanto esse, per loro natura, non sono delegabili a persone, fisiche o giuridiche, a soggettività privata e, dall'altro, che la tutela penale risulta limitata a quelle attività che, avendo natura economica, consentono la produzione di utili.
Tale ultimo rilievo, in particolare, è stato di recente ribadito dalla Suprema Corte francese chiamata a stabilire se fosse servizio delegabile o meno la gestione di un parco cittadino di Strasburgo aperto al pubblico ed incustodito, in occasione della condanna della città per lesioni colpose a seguito della caduta di una ragazza dall'alto di un vecchio fortino militare situato nel parco. Al riguardo la Corte ha rilevato che «nonobstant le choix actuel de la ville de laisser le parc […] libre d'accès et d'assurer elle-même sa gestion et son entretien, aucun obstacle de droit ou de fait ne permet d'exclure que le dit parc puisse à l'avenir faire l'objet d'un accés payant ou faire l'objet d'un mode de financement, de gestion ou d'exploitation permettant de générer des recettes pour un éventuel délégataire» e su tale base ha ritenuto che l'attività nel cui ambito si erano verificate le lesioni della vittima fosse suscettibile di costituire oggetto di delega di servizio pubblico e che, pertanto, l'ente territoriale potesse essere chiamato a rispondere del reato contestato (Cass. crim., 7 settembre 2010, n. 10-82119, in www.legifrance.gouv.fr).
Parte della dottrina ha osservato che la disposizione di cui all'art. 121-2, c. 2, c. pén. introduce irragionevoli aree di immunità per gli enti territoriali, in piena contraddizione con gli obiettivi dichiarati della riforma, in relazione alle attività di gestione di beni privati, attività che, non rientrando nella definizione di servizio pubblico, non sono suscettibili di delega, ma esclusivamente di contratti iure privatorum (GIAVAZZI, La responsabilità penale delle persone giuridiche, cit., 882 s.).
Il rilievo non ha però trovato accoglimento da parte della giurisprudenza. La Cassazione, infatti, intervenuta in tempi recenti sul punto, ha ritenuto che non ricorrono gli estremi per la remissione al Conseil consitutionnel della disposizione in discorso, per violazione del principio costituzionale di uguaglianza. La Corte, in particolare, rilevato che del reato commesso nella gestione di beni appartenenti a privati non può essere chiamato a rispondere penalmente l'ente territoriale e che lo stesso reato può, invece, fondare la responsabilità penale di un soggetto collettivo privato, conclude tuttavia affermando, in maniera laconica, che «la questione non presenta caractère sérieux dal momento che gli enti pubblici territoriali si trovano in una situazione differente dalle persone giuridiche di diritto privato, cosicché l'articolo 121-2, c. 2, c. pén. […] non crea alcuna deroga ingiustificata al principio di uguaglianza davanti alla legge» (Cass. crim., 16 novembre 2011, n. 11-81203, in www.legifrance.gouv.fr).
Così definita la limitazione di responsabilità riguardante gli enti territoriali ed i loro grou.....

 

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