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Mar, 26 Set 2023
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LA RESPONSABILITA' PENALE DELLE PERSONE GIURIDICHE NELLA PROSPETTIVA DELL'UNIONE EUROPEA - di Giovanni M. Armone, Magistrato presso il Ministero della Giustizia



1.La responsabilità delle persone giuridiche negli atti normativi dell'Unione europea: il diritto italiano alla prova
2.Il riciclaggio
3.Le frodi e le falsificazioni dei mezzi di pagamento diversi dai contanti
4.Il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina
6.Il traffico di stupefacenti
7.La criminalità informatica
8.L'inquinamento marittimo
9.La giurisdizione


1. La responsabilità delle persone giuridiche negli atti normativi dell'Unione europea: il diritto italiano alla prova.

La responsabilità da reato delle persone giuridiche nasce, a livello sovranazionale, con il secondo protocollo della convenzione sulla protezione degli interessi finanziari della Comunità europea adottato a Bruxelles il 19 giugno 1997.
Tutti gli strumenti internazionali successivi, anche adottati in seno ad altre organizzazioni, non hanno fatto altro che seguire il modello introdotto in quell'occasione.
Il merito di aver per prima intravisto la necessità di una disciplina della responsabilità delle persone giuridiche per i reati commessi al proprio interno appartiene dunque all'Unione europea. Ma è sempre all'Unione europea che è necessario guardare per comprendere gli sviluppi futuri di tale forma di responsabilità.
La produzione normativa del terzo pilastro, quale venuta delineandosi dopo la riforma operata dal trattato di Amsterdam, è infatti molto ricca di nuove ipotesi di reato alle quali gli Stati devono ricollegare la responsabilità degli enti collettivi di appartenenza.
Con un'importante e spesso trascurata aggiunta: il II protocollo PIF, al pari di tutti gli altri strumenti approvati sul finire del secolo scorso, appartiene ancora al diritto penale di stampo convenzionale, con la conseguenza che la sua mancata ratifica ad opera di uno Stato firmatario non importa alcuna conseguenza pratica immediata, se non il biasimo della comunità internazionale all'interno della quale lo strumento è stato elaborato; le norme europee di nuova generazione hanno invece una ben diversa efficacia, in quanto – per usare una terminologia elaborata nello studio delle direttive comunitarie – pur non producendo effetti diretti orizzontali, ne producono di verticali, impegnando gli Stati membri a una loro attuazione negli ordinamenti nazionali secondo scadenze e modalità precise e circostanziate.
Inoltre, tali norme entrano a far parte di un circuito sul quale – sia pure in forme facoltative e senza la possibilità di attivare procedure d'infrazione – è chiamata a vigilare la Corte di giustizia, la quale ben può fornire interpretazioni pregiudiziali alle quali tutti gli organi degli Stati (giudici e pubblici amministratori compresi) sono tenuti ad attenersi, con il solo limite del divieto di aggravamento della responsabilità penale.
Nelle pagine che seguono, sarà dunque operata una disamina delle norme dell'Unione europea, di origine convenzionale e di terzo pilastro, che prevedono la responsabilità da reato delle persone giuridiche e che ancora non sono state recepite nel nostro ordinamento (o lo sono state in modo incompleto).


2. Il riciclaggio

Il II protocollo PIF è il primo strumento dell'Unione europea a prevedere l'incriminazione penale del riciclaggio, ma soprattutto è il primo atto internazionale a ricollegare a tale fattispecie delittuosa la responsabilità delle persone giuridiche nel cui interesse il reato è stato commesso.
A distanza di un decennio dalla sua approvazione, tuttavia, l'Italia non soltanto è l'unico Stato membro dell'Unione europea a non avere ratificato il II protocollo, ma è ancora in attesa di avere una disciplina completa della responsabilità degli enti collettivi per tale grave reato.
All'esito di un faticosissimo iter parlamentare, un primo importante passo è stato compiuto con la legge 16 marzo 2006, n.146, attraverso la quale l'Italia ha ratificato la convenzione e i protocolli contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall'assemblea generale delle Nazioni Unite il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001.
Com'è noto, i commi 5 e 6 dell'art. 10 hanno infatti previsto la responsabilità dell'ente in relazione al reato di riciclaggio.
Poiché tuttavia l'intero art. 10 è limitato ai reati aventi carattere transnazionale , la condotta di riciclaggio che si esaurisca sul territorio dello Stato e che non chiami in causa uno dei criteri elencati dall'art. 3 della l. 146/2006, tuttora non implica la responsabilità dell'ente. A questo fine, sarà necessario attendere che sia adempiuto quanto previsto dall'art. 22, l. 25 gennaio 2006, n. 29 "disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2005", che, ai fini dell'attuazione della direttiva 2005/60/CE, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, ha delegato il Governo a introdurre nel d. leg. 231/2001 i reati di cui agli art. 648, 648 bis e 648 ter c.p., senza distinzioni di sorta.


3. Le frodi e le falsificazioni dei mezzi di pagamento diversi dai contanti

I mezzi di pagamento diversi dai contanti hanno conosciuto negli ultimi decenni un'amplissima diffusione e sono entrati a far parte in modo stabile del mondo commerciale e finanziario, sì da rendere improcrastinabile anche l'intervento penale a difesa degli interessi ad essi sottesi. La repre.....

 

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