23 gennaio 2025 (ud. 14 gennaio 2025) n. 2768 - sentenza - Corte di cassazione - sezione IV penale* (Lesioni colpose commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro - La valutazione del criterio di imputazione oggettivo della responsabilità dell’ente ai sensi dell'art. 5 d.lgs. 231 del 2001 va operata in relazione alla specifica violazione oggetto del reato e può ricondursi anche alla complessiva politica di non investimento nel settore della sicurezza - Il criterio di imputazione oggettiva del vantaggio di cui all'art. 5 d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231 è integrato anche da un esiguo ma oggettivamente apprezzabile risparmio di spesa collegato all'inosservanza, pur non sistematica, delle cautele per la prevenzione degli infortuni riguardanti un'area rilevante di rischio aziendale - L'esiguità del risparmio di spesa derivante dall'omissione delle cautele dovute assume rilevanza per escludere la sussistenza del requisito oggettivo del vantaggio)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta da:
Francesco Maria Ciampi – Presidente
Gabriella Cappello – Relatore
Alessandro Ranaldi
Anna Luisa Angela Ricci
Bruno Giordano
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(A) nato a … il ...
(X) S.r.l.
avverso la sentenza del 28/02/2024 della Corte Appello di Brescia
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
svolta la relazione dal Consigliere Gabriella Cappello;
lette le conclusioni del Procuratore generale Sabrina Passafiume, la quale ha chiesto il rigetto del ricorso di (A) e l'annullamento con rinvio della sentenza, limitatamente all'illecito di cui all'art. 5 d.lgs. n. 231 del 2001, con rigetto nel resto, quanto a (X) S.r.l.;
lette le note scritte a firma dell'Avv. … per (A) e quelle a firma dell'avv. … per (X) S.r.l., con le quali entrambi i difensori hanno chiesto l'annullamento della sentenza, impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'Appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Cremona, con la quale (A) e la (X) S.r.l. erano stati condannati, rispettivamente, per il reato di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme antinfortunistiche ai danni del lavoratore (...). e per l'illecito amministrativo di cui agli artt. 5, comma 1, lett. a) e 6, in relazione all'art. 25 septies comma 3, d.lgs. 231/2001 (fatti accaduti in .. il ...), ha rideterminato favorevolmente la pena e confermato nel resto.
2. I fatti per cui è processo sono accaduti nel corso di una lavorazione consistita nello spostamento di un serbatoio dall'interno all'esterno di un capannone della società sopra indicata, della quale il (A) era legale rappresentante. In tale veste e quale datore di lavoro della vittima, si è ascritto al predetto un addebito generico di colpa, consistito nel non aver adottato le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori e alcuni di colpa specifica, quello ritenuto in sentenza inerendo alla violazione dell'art. 28, comma 2, lett. a), in relazione all'obbligo datoriale di redazione del documento di cui all'art. 17, comma 1, lett. a), d.lgs. citato e, quindi, specificamente gli si è addebitato di non aver valutato tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori durante l'attività lavorativa, mediante indicazione delle misure di prevenzione e protezione approntate e l'individuazione della procedura per attuarle, avuto riguardo alla specifica attività di movimentazione dei serbatoi.
Nella specie, il (...), intento a trasferire un serbatoio mediante utilizzo di un carrello elevatore condotto dal collega (…), veniva colpito e fatto cadere a terra dal serbatoio che si ribaltava sul lato destro, cagionandogli le lesioni meglio descritte in imputazione.
La responsabilità amministrativa dell'ente, invece, è stata ritenuta attraverso l'elemento imputativo dell'interesse e vantaggio conseguito in assenza di un modello gestionale sulla sicurezza ai sensi dell'art. 30, d.lgs. 81/2008.
La Corte d'Appello, investita del gravame da parte dell'imputato e dell'ente, ha ritenuto le doglianze sulla responsabilità infondate, muovendo in via preliminare dalla prospettata nullità dell'ordinanza, con la quale il Tribunale aveva revocato l'esame del consulente della difesa e di quella, con la quale era stata rigettata la relativa richiesta di rinnovazione istruttoria: l'unico addebito di colpa ritenuto dal Tribunale rilevante nel determinismo causale dell'evento ineriva alla omessa valutazione dei rischi della specifica attività di movimentazione dei serbatoi, lavorazione non procedimentalizzata, tema questo estraneo all'oggetto della consulenza di che trattasi, la funzionalità dei carriponte e la dinamica dell'infortunio essendo state ricostruite sulla scorta del compendio probatorio acquisito in primo grado; quanto, invece, al profilo attinente alla violazione delle regole del contraddittorio, i giudici territoriali hanno rilevato che la revoca era intervenuta all'udienza del 02/12/2020, dandosi conto, negli stessi atti di gravame, della richiesta di audizione da parte della difesa.
Infine, con riferimento alle fotografie dello stabilimento, prodotte solo all'udienza del 26/05/2021, la Corte del merito ha evidenziato la non specificità della doglianza, dal momento che la difesa non aveva indicato quali prerogative difensive sarebbero state lese da tale tardiva acquisizione e dalla mancata audizione dell'esperto di parte sulla presenza di carriponte utilizzabili per lo spostamento della cisterna caduta, circostanza accertata in precedenza e solo confermata dalle fotografie.
Quanto al merito, la Corte bresciana ha precisato che, a prescindere dalle ragioni di urgenza che avrebbero indotto i tre lavoratori addetti a quella movimentazione a procedere mediante impiego di un semplice carrello elevatore, piuttosto che di un carroponte, pur disponibile, e dato per provato che i tre non avevano ricevuto ordini circa l'impiego del mezzo non adeguato allo scopo specifico, ciononostante dalla istruttoria era emerso che la relativa procedura non era stata regolamentata, essendosi rimessa all'apprezzamento dei lavoratori la scelta di procedere con l'impiego dell'uno o dell'altro mezzo.
I lavoratori, peraltro, avevano riferito di una prassi, in forza della quale il muletto veniva impiegato per i serbatoi di piccole dimensioni e il carroponte per quelli grandi, quello capovoltosi il giorno del sinistro rientrando in una categoria per così dire intermedia.
In ciò è stato ravvisato l'addebito di colpa specifico, essendo emersa la mancanza di una procedura formale che indicasse la corretta modalità di movimentazione, tenendo conto del tipo e delle dimensioni del serbatoio da movimentare, omissione frutto di una sottovalutazione dei rischi correlati a tale segmento di attività da parte del datore di lavoro, nessuna traccia essendo stata rinvenuta nel relativo documento.
In conseguenza di tale lacuna valutativa e, quindi, anche formativa, il comportamento imprudente dei tre lavoratori non poteva considerarsi abnorme o imprevedibile, essendo inidoneo a interrompere il collegamento eziologico tra l'omissione e l'infortunio.
Quanto al profilo controfattuale, poi, i giudici territoriali hanno ritenuto che la corretta valutazione dei rischi correlati a quello specifico segmento lavorativo, in uno con l'adozione di una procedura per disciplinarne l'esecuzione in sicurezza, oggetto di formazione e conseguente controllo da parte datoriale, avrebbe prevenuto l'evento lesivo che ha costituito proprio il concretizzarsi di quel rischio che la regola violata era intesa a scongiurare.
Né poteva accordarsi rilievo all'esperienza dei lavoratori, come sostenuto a difesa: costoro, infatti, si erano espressi in termini molto approssimativi quanto ai parametri di scelta del mezzo per operare la movimentazione dei serbatoi.
Peraltro, sotto il profilo della causalità della colpa, la Corte ha anche ritenuto che l'obbligo di valutare in maniera completa i rischi insiti nell'attività lavorativa e la conseguente imposizione di regole atte a scongiurarli hanno proprio lo scopo di ridurre e governare l'area di rischio dei singoli segmenti dell'attività produttiva, la formalizzazione e cogenza delle procedure, la cui conoscenza deve essere trasferita ai lavoratori mediante la formazione, servendo per l'appunto a sensibilizzare costoro sui rischi e a guidarli nello svolgimento dell'attività lavorativa, concorrendo a prevenirne imprudenze o disattenzioni.
Infine, quanto al trattamento sanzionatorio, la Corte ha ritenuto l'imputato non meritevole del riconoscimento delle generiche, avuto riguardo al precedente specifico, alla sussistenza di altre violazioni, pur non correlate all'infortunio, e alla risalenza delle carenze prevenzionali, circostanze tutte ritenute impeditive anche della conversione della pena detentiva in quella pecuniaria; ha, comunque, rideterminato favorevolmente la pena con lieve discostamento dal minimo, negando i doppi benefici alla stregua del precedente citato che non ha neppure consentito la formulazione di una prognosi favorevole sul futuro comportamento dell'imputato.
Quanto, invece, alla responsabilità amministrativa dell'ente, i giudici territoriali hanno valorizzato la pluralità delle carenze prevenzionali, ritenendole indicative di una complessiva trascuratezza della società quanto alla materia antinfortunistica, tale da aver determinato una sottovalutazione dei rischi insiti nella movimentazione delle cisterne, oggetto precipuo dell'attività produttiva e all'origine dell'infortunio per cui è processo.
Anche la non formalizzazione della nomina del preposto (il lavoratore (...)) rispondeva alla medesima logica di sottovalutazione della sicurezza e di risparmio sui costi tradottasi nell'abbandono dei lavoratori nello svolgimento di un'attività pericolosa, la mera presenza dei carriponte non potendo sopperire in mancanza di regole circa il loro utilizzo. Peraltro, anche a voler circoscrivere la valutazione alla sola sottostima del rischio di movimentazione delle cisterne, la mancanza di una proced.....
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