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RIFORMA TRIBUTARIA: UNA PRIMA RIFLESSIONE SULLA RESPONSABILITA' DEGLI ENTI - di Ciro Santoriello, Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Torino



1. La recente riforma del diritto penale tributario si caratterizza per tre profili e cioè
A) l'intervento sul trattamento sanzionatorio dei reati tributari di cui al D.Lgs. 74/2000
B) l'introduzione della confisca allargata per i medesimi reati tributari
C) la previsione della responsabilità degli enti ex D.Lgs. 231/2001 per gli illeciti penali tributari.

2. Quanto alle modifiche in materia di reati tributari di cui al D.Lgs. 74/2000 va riscontrato un significativo inasprimento delle sanzioni – in palese controtendenza rispetto alla precedente riforma del 2015 – come desumibile dall'aumento delle cornici edittali di pena per molti di questi reati e dall'abbassamento delle soglie di punibilità ivi previste, così estendendosi l'area di rilevanza penale dell'evasione fiscale (anche se contestualmente deve riscontrarsi la possibilità di fare applicazione della causa di non punibilità rappresentata dal pagamento integrale del debito tributario di cui all'art. 13, comma 2, D.Lgs. 74/2000 che oggi può operare anche con riferimento ai reati di cui agli artt. 2 e 3).
Esaminando partitamente le singole fattispecie di reato:
A) con riferimento al reato di "dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti" di cui all'art. 2 D.Lgs. 74/2000 la pena viene elevata dalla reclusione da un anno e sei mesi a sei anni a quella della reclusione da 4 a 8 anni, e viene introdotto un comma 2-bis in forza del quale il previgente trattamento sanzionatorio (reclusione da un anno e sei mesi a sei anni) viene mantenuto nella sola ipotesi in cui l'ammontare degli elementi passivi fittizi sia inferiore a 100.000 euro.
B) con riferimento al reato di "dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici" di cui all'art. 3, si passa dalla pena della reclusione da un anno e sei mesi a sei anni alla pena della reclusione da 3 a 8 anni, mentre rimane identica la soglia di punibilità;
C) relativamente al reato di "dichiarazione infedele" di cui all'art. 4, la pena oggi prevista va da un minimo di 2 anni a un massimo di 4 anni e sei mesi, mentre viene ridotta la soglia di punibilità prevista tanto con riferimento alla lettera a), ove la soglia di imposta evasa passa da 150.000 a 100.000 euro, quanto alla lettera b) della norma, ove la soglia degli elementi attivi sottratti all'imposizione è ridotta da tre milioni a due milioni di euro.
Assai più rilevante è la modifica in tema di punibilità della valutazioni, di cui in precedenza si escludeva la punibilità con riferimento a quelle che, singolarmente considerate, differissero in misura inferiore al 10% da quelle corrette, precisando altresì che gli importi compresi in tale percentuale non fossero computati ai fini del superamento delle soglie di punibilità: a fronte dell'originaria versione presente nel decreto legge, che prevedeva l'abrogazione della disposizione di cui al comma 1-ter dell'art. 4, (2) si è mantenuta in vigore tale disposizione, prevedendo però che le valutazioni non debbano essere "singolarmente" considerate, bensì "complessivamente" considerate. Rilevante la conseguenza processuale dell'innalzamento sanzionatorio, giacché ora i processi per tali illeciti dovranno passare per la celebrazione dell'udienza preliminare;
D) quanto al reato di "omessa dichiarazione" di cui all'art. 5, viene raddoppiato in minimo edittale, portandolo a 2 anni, mentre il massimo edittale viene elevato a 5 anni. Anche in questo caso, diventa necessario per i relativi giudizi lo svolgimento dell'udienza preliminare;
E) inasprimento sanzionatorio anche per il reato di "emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti" di cui all'art. 8, ove la previgente pena della reclusione da un anno e sei mesi a sei anni viene elevata a quella della reclusione da 4 a 8 anni, con la precisazione – inserita in un nuovo comma 2-bis – che la pena rimane invece quella della reclusione da un anno e sei mesi a sei anni «se l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti, per periodo d'imposta, è inferiore a euro centomila». Sulla natura della previsione di cui al comma 2-bis si veda quanto riferito a proposito del comma 2-bis dell'art. 2 D.Lgs. 74/2000;
F) assolutamente significativo l'inasprimento sanzionatorio per il reato di "occultamento o distruzione di documenti contabili" di cui all'art. 10 D.Lgs. 74/2000, ove si passa dalla pena della reclusione da un anno e sei mesi a sei anni a una cornice che va da un minimo di 3 anni a un massimo di 7 anni di reclusione.

Infatti, per gli illeciti di cui agli articoli 2, 3, 8 e 10 D.Lgs. 74/2000 il termine di prescrizione deve essere calcolato avuto riguardo al combinato disposto degli articoli 157 c.p. e 17 comma 1-bis D.Lgs. 74/2000; ora, se la regola generale impone di guardare al massimo della pena edittale stabilita dalla legge (con un termine non inferiore ai sei anni per i delitti), l'art. 17 comma 1-bis prevede per i reati di cui agli articoli compresi da 2 a 10 che i termini di prescrizione siano elevati di un terzo, con la conseguenza che per i reati puniti fino a otto anni il termine di prescrizione sarà di 10 anni e 8 mesi, per i reati puniti sino a sette anni sarà di 9 anni e 4 mesi (fatto salvo, in entrambi i casi, l'aumento per l'interruzione).
Come accennato, il suddetto inasprimento sanzionatorio è significativamente mitigato – anche se non sappiamo con quale rilevanza pratica (3) – dalla scelta di prevedere applicabile la causa di non punibilità del pagamento del debito tributario di cui all'art. 13, comma 2 anche ai reati di dichiarazione fraudolenta di cui agli artt. 2 e 3 (mentre era in precedenza riferita ai soli reati di omessa o infedele dichiarazione di cui agli artt. 4 e 5 e di omesso versamento delle imposte di cui agli artt. 10-bis e 10-ter e di indebita compensazione con riferimento al solo primo comma dell'art. 10-quater): anche i reati di cui agli artt. 2 e 3, dunque, non saranno punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, siano stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
Si conferma in questo modo la tendenza politica a favorire istituti volti a valorizzare la "resipiscenza" del contribuente, sub specie di pagamento all'erario delle somme dovute in conseguenza dell'evasione fiscale (4). Tale innovazione, peraltro, presenta un significativo profilo di criticità posto che la causa di non punibilità in parola non opera per il solo delitto di indebita compensazione con crediti inesistenti, esclusione difficilmente giustificabile – mentre comprensibile che di pagamento del debito tributario non si parli con riferimento ai reati di emissione di false fatture ed occultamento di documentazione contabile, delitti dalla cui commissione di regola non scaturisce un debito nei confronti del fisco (5).

3. Assoluta novità della riforma è la previsione della applicabilità – sancita dal nuovo art. 12-ter - della c.d. confisca allargata ex art. 240-bis c.p. in caso di condanna o patteggiamento per una serie di delitti indicati dalla norma stessa (quelli di cui agli artt. 2, 3, 8, 11), allorché l'evasione fiscale superi una certa entità - da 100.000 euro o 200.000 euro, a seconda dei casi.
Come noto, la confisca c.d. allargata ha ad oggetto il denaro, i beni o le altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica.
Questa confisca, dunque, consiste in una forma di ablazione fondata essenzialmente sulla sproporzione patrimoniale, sproporzione che permette una presunzione iuris tantum di origine illecita dei beni, secondo un meccanismo di accertamento non dissimile da quello proprio della confisca di prevenzione di cui al c.d. codice antimafia ex D.Lgs. 159 del 2011. (6)
In particolare, nell'ambito degli illeciti tributari a tale misura ablatoria dovrà farsi ricorso in caso di condanna o patteggiamento:
a) per il delitto previsto dall'art. 2, quando l'ammontare degli elementi passivi fittizi è superiore a 200.000 euro;
b) per il delitto previsto dagli art. 3, quando l'imposta evasa è superiore a 100.000 euro;
c) per il delitto di cui all'art. 8, quando l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è superiore a 200.000 euro;
d) per il delitto di cui all'art. 11, comma 1, quando l'ammontare delle imposte, delle sanzioni e degli interessi è superiore a 100.000 euro;
e) per il delitto di cui all'art. 11, comma 2, quando l'ammontare degli elementi attivi inferiori a quelli effettivi o degli elementi passivi fittizi è superiore a 200.000 euro.
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