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Mar, 26 Set 2023
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REATI AMBIENTALI: IL SET DEI CONTROLLI A PRESIDIO - di Michele Pansarella, Socio di KStudio Associato




1. Presentazione della tematica affrontata
Il D.Lgs. del 7 luglio 2011, n. 121 ha introdotto nel D.Lgs. 8 giugno 2001 n. 231 (di seguito il "Decreto") l'art. 25-undecies che richiama alcune fattispecie di reato in materia ambientale.
Tale modifica legislativa implica il riconoscimento della responsabilità amministrativa prevista dal Decreto in capo agli enti, qualora siano commesse le fattispecie di reato indicate nell'art. 25-undecies e l'ente non abbia predisposto un modello di organizzazione, gestione e controllo (di seguito anche solo il "Modello") idoneo ad impedire la realizzazione di detti reati.
L'introduzione di questa nuova "categoria" di reati, impone, quindi, a tutti gli enti che intendano avvalersi dei benefici previsti dall'art. 6 del Decreto, un'attività di aggiornamento del Modello adottato, ovvero la predisposizione di un insieme di regole e di meccanismi di controllo volti alla prevenzione di tali fattispecie di reato.
Il presente contributo si prefigge l'obiettivo di fornire una rappresentazione dei controlli che possono costituire validi elementi in grado di prevenire la realizzazione delle fattispecie di reato espressamente indicate nel sopra citato art. 25-undecies.

2. La mappatura delle aree a rischio
Come noto, l'attività di aggiornamento del Modello implica in prima battuta un'attività c.d. di "risk assessment" consistente nella individuazione delle "aree nel cui ambito possono essere commessi i reati" in esame. Gli esiti di tale analisi vengono riepilogati in un documento solitamente denominato "mappatura delle aree a rischio" che rappresenta l'output finale di questa attività.
Una volta individuate le "aree" c.d. "a rischio", l'ente dovrà effettuare una successiva analisi volta a verificare il livello dei controlli a presidio dei rischi individuati. La metodologia che nella maggior parte dei casi viene adottata è quella del Control Risk Self Assessment, vale a dire, un'autovalutazione del management in merito alla sussistenza ed efficacia dei controlli in essere.
Personalmente ritengo che detta seconda analisi non debba necessariamente essere contenuta nella mappatura delle aree a rischio (o quantomeno ciò non è richiesto dalla norma), quanto piuttosto in un documento distinto che contenga, in caso di riscontrate carenze di controllo, anche un piano di azione con un'indicazione specifica dei soggetti a cui attribuire la responsabilità dell'implementazione dell'azione correttiva ed una tempistica, in modo da poter facilitare l'attività di verifica circa lo stato di attuazione del piano d'azione. Elemento quest'ultimo che, se considerato dal punto di vista dell'accusa nel processo penale, potrebbe rappresentare anche una prova della "colpa organizzativa" dell'ente in caso di una perdurante carenza in un ambito nel quale poi si sia effettivamente verificato l'evento-reato.
Quanto all'individuazione dei controlli, questi possono essere suddivisi in due categorie: a) i controlli che potremmo definire "generali"; b) i controlli c.d. "specifici".
La prima tipologia di controlli (Controlli Generali) è rappresentata da un insieme di meccanismi la cui predisposizione ed attuazione prescinde dalla specifica area nel cui ambito possono essere commessi i reati. La seconda categoria (Controlli Specifici), racchiude i controlli che si collocano nell'ambito delle singole aree o processi identificati come a rischio di commissione dei reati in argomento.

3. I Controlli Generali
L'analisi dei controlli "Generali" (definiti tali in quanto riguardano l'intera organizzazione aziendale) trova uno specifico framework di riferimento nel "Sistema di Gestione Ambientale" delineato dalle norme EN ISO 14001:2004, nonché dal Regolamento EMAS.
I principali passi per lo sviluppo di un valido Sistema di Gestione Ambientale (di seguito "SGA") sono: l'effettuazione di una analisi ambientale iniziale, la definizione, la progettazione, l'implementazione, il controllo, ed il riesame dell'intero sistema.
Tale attività si articola nelle seguenti fasi:
Impegno della Direzione
L'impegno della Direzione è il primo fondamentale passo per lo sviluppo di un sistema di gestione ambientale. Prima di avviare il percorso di implementazione di un SGA, sia esso conforme allo standard ISO 14001 o al Regolamento EMAS, la Direzione aziendale deve infatti essere consapevole dell'impegno richiesto e deve rendere disponibili le necessarie risorse (umane, economiche e di altro tipo).
Ciò in quanto, l'Alta Direzione deve di volta in volta intraprendere tutta una serie di attività che sono alla base del sistema stesso, quali sottoscrivere la politica ambientale, nominare un rappresentante della Direzione ed effettuare il riesame del sistema. Inoltre, il ruolo della Direzione deve essere trainante. Ad essa, infatti, spetta il compito di motivare il personale, senza la cui fattiva collaborazione sarebbe assai difficile implementare il sistema.
Analisi ambientale iniziale
L'organizzazione deve effettuare un'analisi ambientale delle sue attività, dei suoi prodotti e servizi, conformemente a quanto previsto nell'allegato VII ("Analisi ambientale iniziale") del Regolamento Emas relativamente alle questioni rappresentate figuranti nell'allegato VI ("Aspetti ambientali").
L'analisi ambientale iniziale consiste in una "fotografia allo stato zero" dei problemi ambientali dell'organizzazione e nella valutazione degli impatti e delle prestazioni ambientali delle sue attività. Il documento che racchiude quest'analisi deve essere completo e deve, quindi, riguardare tutti gli aspetti presenti nell'organizzazione ericonducibili alle sue attività, ai suoi prodotti ed ai suoi servizi. Questa fase è molto delicata ed impegnativa in quanto l'analisi è per l'organizzazione la base sulla quale sviluppare il proprio sistema di gestione. E' importante sottolineare che l'AAI non è esplicitamente richiesta dalle ISO 14001, ma anche in questo caso resta un passo indispensabile per valutare la realtà aziendale e stabilire obiettivi di miglioramento.
Progettazione del sistema
La politica ambientale dell' Ente deve essere definita dall'Alta Direzione, che dovrà esplicitare gli "indirizzi" ovvero gli impegni concreti che l'organizzazione intende assumere ai fini del miglioramento delle proprie prestazioni ambientali e dovrà suscitare consapevolezza e motivazione in tutto il personale.
La politica dovrà essere tale da:
• rispecchiare il tipo, le dimensioni e gli impatti ambientali causati da prodotti, processi e servizi;
• prevedere un impegno al miglioramento continuo e alla prevenzione dell'inquinamento;
• prevedere un impegno al rispetto delle leggi in materia ambientale, incluse eventuali altre regolamentazioni cui l'organizzazione è soggetta (prescrizioni legali nazionali, internazionali, regionali, accordi con la P.A., accordi con i clienti, linee guida non obbligatorie, codici di buona pratica, prescrizioni interne dell'organizzazione, etc.);
• permettere di definire e riesaminare, a partire dai principi in essa enunciati, obiettivi e traguardi;
• essere documentata e divulgata a tutto il personale;
• essere a disposizione di chi ne faccia richiesta.
Obiettivi e traguardi
Né il Regolamento EMAS, né la norma ISO 14001 fissano dei requisiti assoluti in materia di prestazione ambientale, ma richiedono che l'organizzazione definisca obiettivi e traguardi in linea con la sua Politica Ambientale.
Di norma gli obiettivi e i traguardi sono decisi dal Responsabile del Sistema di Gestione Ambientale in collaborazione con il responsabile di produzione e/o con i responsabili di reparto e approvati, in un secondo momento, dalla Direzione. Gli obiettivi e i traguardi ambientali sono fissati di norma per la prima volta dopo l'analisi ambientale iniziale.
Nel definire gli obiettivi e specificare i traguardi l'organizzazion.....

 

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