Corruzione tra privati: nuovi profili di rischio a livello intraorganizzativo
L'articolo ha ad oggetto la riforma della disciplina della corruzione tra privati contenuta nel d.lgs. 38/2017. Ripercorsi i provvedimenti con i quali il Consiglio dell'Unione Europea ha sollecitato il legislatore ad allineare la normativa della corruzione nel settore privato agli standard internazionali, ci si sofferma su una delle novità introdotte dal d.lgs. 38/2017: l'eliminazione dagli elementi oggettivi della fattispecie di reato di cui all'art. 2635 c.c. della necessità che il corrotto, nel compiere od omettere un atto in violazione degli obblighi d'ufficio o di fedeltà, cagioni nocumento all'ente. Si avanzano quindi prime riflessioni sugli effetti della modifica rispetto alla responsabilità della persona giuridica. Tra essi la possibilità di incolpare anche la società «corrotta» e, soprattutto, l'emersione di un nuovo livello di corruzione privata, quello intraorganizzativo, che si ha quando corruttore e corrotto sono soggetti appartenenti alla medesima società. Rispetto a tale classe di reati l'interesse o vantaggio dell'accordo corruttivo può spesso rintracciarsi nell'omissione di un atto doveroso svantaggioso per l'azienda. Di frequente si tratterà dell'omissione di doveri attinenti all'etica d'impresa. Poiché tali doveri possono coincidere con le disposizioni codificate nel Modello organizzativo, si dà avvio a una serie di considerazioni sul rapporto tra Modello e dinamiche corruttive interne all'impresa, le quali sembrano peraltro più complesse di quelle tipizzate dalla norma.
di Vittore d'Acquarone e Stefano Rossi
[visualizza l'articolo completo]