Il reato di autoriciclaggio e la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti
Dal 1° gennaio 2015 il reato di autoriciclaggio (art. 648 ter.1, c.p.) è entrato a far parte dei reati presupposto di cui all'art. 25 octies, d.lgs. 231/2001, ossia i reati idonei a determinare la responsabilità amministrativa delle imprese in caso di commissione. Dal punto di vista del diritto tributario, l'introduzione del reato di autoriciclaggio può essere letta come una sorta di consacrazione legislativa dell'idoneità del reato fiscale a generare proventi suscettibili di riciclaggio.
Nel caso dei reati tributari, la possibilità di contestazione del nuovo delitto di autoriciclaggio – con conseguente responsabilità dell'Ente ex d.lgs. 231/2001 – è particolarmente elevata.
Nei primi 5 mesi del 2016, la Guardia di finanza ha contestato il nuovo reato, in vigore dal 1° gennaio 2015, a 300 soggetti. Un'impennata se si considera che, nei primi dieci mesi del 2015, i denunciati erano stati 103 e che nello stesso periodo di riferimento, primi cinque mesi 2015, era stato contestato a solo 19 soggetti.
Constatando che uno degli illeciti nell'ambito penale-tributario più diffusi è la dichiarazione fraudolenta mediante l'uso di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, con il presente contributo si pone l'accento sulla necessità di implementare un'efficace gestione del rischio fiscale da parte di tutti gli Enti, facendo leva su un rigoroso sistema di controllo interno.
di Gianluca De Simone
[visualizza l'articolo completo]