La diversa determinazione del profitto confiscabile in base al reato presupposto contestato all'ente (commento a Cass. pen., n. 53430, 22 dicembre 2014)
La Suprema Corte di recente si è pronunciata nuovamente sulla questione della corretta commisurazione del profitto del reato assoggettabile a confisca ai sensi dell'art. 19, d.lgs. 231/2001, ribadendo che quest'ultimo ha un'ampiezza diversa a seconda del reato presupposto contestato all'ente. Nella specie, la Corte di cassazione ripropone la distinzione tra reati contratto e reati in contratto al fine di offrire un criterio univoco di corretta commisurazione del profitto soggetto ad ablazione. In particolare, mentre nel caso di reati contratto sarà assoggettabile a confisca l'intero vantaggio patrimoniale conseguito, nei reati in contratto tale profitto dovrà essere determinato tenendo in considerazione che da un lato potranno essere assoggettati a confisca tutti i vantaggi di natura economicopatrimoniale di diretta derivazione causale dell'illecito mentre dall'altro non potranno essere soggetti ad ablazione i vantaggi conseguiti dall'ente in conseguenza di prestazioni lecite svolte in esecuzione del contratto, e comunque al netto dell'utilitas di cui si sia giovata la controparte contrattuale. Oltre ad un'analisi della sent. 53430/2014, il presente contributo si prefigge di offrire anche alcuni spunti riflessivi sul tema della corretta commisurazione del profitto confiscabile all'ente alla luce dei contrasti giurisprudenziali sorti sulla materia.
di Maurizio Monterisi e Dario Tomei
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