L’utilizzo di un sistema di whistleblowing quale ausilio nella prevenzione delle frodi e dei reati
Il termine “whistleblower” è comunemente riferito al lavoratore che, nello svolgimento della propria attività, rilevata una possibile frode, un pericolo o un altro serio rischio che possa danneggiare clienti, colleghi, azionisti, il pubblico o la stessa reputazione dell'impresa/ente pubblico/fondazione, decide di segnalarla. Denunciare un illecito commesso in azienda viene definito giuridicamente whistleblowing (letteralmente “soffiata”). La “denuncia” va distinta dalla
segnalazione: con il termine denuncia si intende una dichiarazione di scienza con cui si porta a conoscenza della polizia giudiziaria l'esistenza di un fatto storico.
In dottrina e nella pratica si distinguono le seguenti tipologie di whistleblowing:
1. interno all'azienda, laddove la segnalazione/informazione viene diretta: i) al proprio diretto superiore di pari livello o a un manager di livello più alto;ii) ad appositi organismi interni;
2. esterno rispetto all'azienda, quando la segnalazione venga indirizzata: i) tramite denuncia a un ente regolatore esterno specifico per il determinato settore della società; ii) alla polizia o all'autorità giudiziaria; iii) ad un pubblico più ampio e ad organi di diffusione nazionale come i media.
Alla scarsa o indiretta attenzione sul piano normativo si contrappone un'attenzione particolare sul piano della tutela dei dati personali e dei risvolti connessi: il garante per la protezione dei dati personali si è mosso sul tema addirittura con una Segnalazione al Parlamento e al Governo, chiedendo di intervenire a livello normativo, con norme che risolvano le perplessità indicate dai garanti europei e che specifichino quali soggetti possono essere segnalati; quali fattispecie possono essere oggetto di “delazione”; se sia possibile accettare le segnalazioni anonime.
di Patrizia Ghini
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