Le società a partecipazione pubblica e la responsabilità da reato nella interpretazione della giurisprudenza di legittimità (commento alla sentenza della Corte di Cassazione n. 28699/10)
Il legislatore ha escluso dall'applicazione del d.lgs. 231/2001 gli enti pubblici che non svolgono attività economica (“lo Stato, gli enti pubblici territoriali e gli altri enti pubblici non economici”) e gli enti, anche di diritto privato, che svolgono funzioni di rilievo costituzionale. L'assoggettamento alle prescrizioni sanzionatorie (a differenza dello Stato e degli altri enti pubblici) degli enti pubblici economici, infatti, si giustifica in quanto in tal caso l'esercizio esclusivo o prevalente di un'attività d'impresa commerciale costituisce sicuro indice nella valutazione del legislatore del mancato esercizio di poteri pubblici da parte dell'ente stesso e dell'esaurirsi di tale attività esclusivamente sul piano del diritto privato. La Corte di Cassazione con la sentenza n. 28699/10 afferma che la natura pubblica di una società non la esonera dalla responsabilità amministrativa da reato se l'ente svolge attività economica. Il tenore testuale dell'art. 1 d.lgs. 231/2001 è, infatti, inequivocabile nel senso che la natura pubblica di un ente è condizione necessaria, ma non sufficiente per garantire l'esonero dalla disciplina in discorso, dovendo, altresì, concorrere la condizione che l'ente medesimo non svolga attività economica. D'altra parte la giurisprudenza di legittimità civile a sezioni unite ha ravvisato
natura privatistica nelle società costituite ai sensi dell'art. 22 legge 142/1990 per la gestione dei servizi pubblici attraverso società partecipate da capitale pubblico.
di Fabrizio D'Arcangelo
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