Il modello organizzativo 231 con efficacia esimente
Con una recente sentenza la Corte di Cassazione ha ritenuto che, pur sussistendo gli estremi per il rinvio a giudizio degli imputati, dovesse ritenersi idoneo, secondo una valutazione da effettuarsi “ex ante” e non “ex post”, il Modello Organizzativo adottato da una società, nei primi anni di vigenza della disciplina, la quale aveva adottato dapprima un codice di autodisciplina, conforme ai suggerimenti di Borsa Italiana e, poi, un Modello Organizzativo, conforme alle Linee-Guida elaborate da Confindustria, nel quale era prevista un'apposita procedura di formazione dei comunicati stampa. Era stato inoltre costituito un Organismo di Vigilanza monocratico, nella persona del responsabile del servizio di internal auditing. Quanto all'elusione fraudolenta del Modello Organizzativo, si riteneva che la sussistenza di detto requisito risultasse evidente nella scelta dei vertici societari di non seguire il previsto iter per la formazione delle comunicazioni “price sensitive”.
Con la sentenza in esame si è stabilito un importante principio, quello della contestualizzazione temporale del Modello, in virtù della quale occorre collocare il Modello nel contesto delle conoscenze e delle tecniche concretamente disponibili per verificare se esso abbia fatto tutto ciò che in concreto era esigibile per prevenire la commissione di reati all'interno della sua organizzazione di persone e mezzi. In altre parole, una volta dimostrato da parte dell'ente che il suo Modello era conforme alle norme tecniche vigenti o ai codici di comportamento adottati, spetterà alla pubblica accusa dimostrare (rectius ricadrà sulla pubblica accusa il rischio per non aver provato) che, ciò nonostante, il Modello non poteva ritenersi idoneo a prevenire reati.
di Tomaso Emilio Epidendio
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