D.Lgs. 231/01 e settore sanitario: un “nuovo” reato-presupposto?
Nella legge 219 del 21 ottobre 2005 e s.m.i. intitolata “Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale degli emoderivati” è stato inserito l'art. 22, intitolato “Sanzioni”. In un'ottica “231”, la condotta del soggetto apicale o sottoposto - posta in essere nell'interesse o vantaggio, anche non prevalente, dell'ente - consiste nel prelevare o raccogliere sangue o suoi componenti, mentre l'elemento soggettivo richiesto è il dolo, sotto forma del cd. dolo specifico - a fini di lucro - in quanto finalizzato ad ottenere uno scopo ulteriore rispetto alla mera coscienza e volontà di tutti gli elementi costitutivi del reato.
Una prima impostazione vede nell'art. 22, comma 4, legge 219/2005 una previsione che richiama solo formalmente il d.lgs. 231/2001, ma non in modo tale da fondare una responsabilità amministrativa dell'ente, mutuando una soluzione analoga a quella cui è pervenuta la Corte di Cassazione in materia ambientale; una seconda, invece, è tesa a riconoscere alla disposizione un carattere di vera e propria fattispecie criminosa presupposto della “responsabilità 231” dell'ente.
In senso contrario rispetto alla prima impostazione, può evidenziarsi come - a differenza del diritto ambientale - la fattispecie qui esaminata può contenere sia una “tipizzazione degli illeciti” (prelevare o raccogliere sangue o suoi componenti a fini di lucro) sia di una “indicazione delle sanzioni” (si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività' ai sensi dell'art. 16, comma 3, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231) sufficienti per poter ritenere sussistente una “responsabilità 231” dell'ente che si dedichi stabilmente (o abbia una struttura interna che si dedichi stabilmente) alle condotte sopra menzionate. Non si può invece concludere che, qualora tali condotte umane siano poste in essere occasionalmente da parte di soggetti apicali o eterodiretti dell'ente, le stesse siano foriere di una “responsabilità 231” dell'ente stesso in quanto non sono previste specifiche “sanzioni 231”. Nella norma esaminata non difetterebbero né la tipizzazione dell'illecito (prelevare o raccogliere sangue o suoi componenti a fini di lucro) né l'indicazione di una delle sanzioni previste dal d.lgs. 231/2001 (interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività) di tal che sostenere che tale disposizione non sia in grado di fondare una responsabilità dell'ente diverrebbe giuridicamente poco convincente. Per questo motivo si ritiene opportuno inserire la fattispecie di cui all'art. 22, comma 4, legge 219/2005 negli appositi elenchi dei reati presupposto nei Modelli Organizzativi e Gestionali affinché gli enti che svolgono attività nel cui ambito è possibile/probabile che si manifestino tali condotte delittuose possano essere messi in condizione di prevenire – presidiando il rischio con protocolli operativi idonei - la perpetrazione, a loro interesse o vantaggio, anche di tale reato.
di Stefano Ravasio
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