L’annotazione dell’illecito amministrativo dipendente da reato
Con l'annotazione a registro, cui è dedicato l'art. 55 d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, si apre il procedimento di accertamento degli illeciti amministrativi dipendenti da reato. Tale procedimento, stante la sua natura “mista” penale-amministrativa, è sorretto da un principio di obbligatorietà dell'azione fondato sullo stesso art. 112 Cost. La caratteristica essenziale di un siffatto procedimento è data dall'essere “annesso” (ex lege: riunito) al procedimento penale instaurato nei confronti dell'autore del reato da cui l'illecito (amministrativo) dipende. Ciò significa che, salvo casi eccezionali, si realizza, di regola, un processo “cumulativo” o “simultaneo”. Ed invero, come si applicano alla persona giuridica le disposizioni processuali relative all'imputato, così, nel procedimento di accertamento dell'illecito amministrativo si osservano, oltre alle norme del Capo III del d.lgs. 231/2001. le disposizioni “generali” del codice di procedura penale, del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271 (norme di attuazione del c.p.p.) e del decreto ministeriale 30 settembre 1989, n. 334 (regolamento per l'esecuzione del codice di rito). L'annotazione presuppone, che sia stato commesso un reato per il quale la legge espressamente prevede la responsabilità amministrativa dell'ente, ovvero, uno dei reati “tipici” elencati in modo tassativo dal d.lgs. 231. In virtù del richiamo espresso dalla disciplina codicistica, l'annotazione a registro dell'illecito amministrativo viene comunicata all'ente negli stessi limiti in cui è consentita la comunicazione delle iscrizioni della notizia di reato alla persona alla quale il reato è attribuito.
di Luciano Padula
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