La procedura di archiviazione nel processo nei confronti degli enti collettivi
La disciplina processuale relativa alla responsabilità amministrativa degli enti è ricalcata sulle disposizioni del codice di procedura penale del 1988 ed inserita agli artt. 34 e 35 del d.lgs.231/01, come da espressa previsione del legislatore delegante. Tra la disciplina processuale “ex 231” e il codice di procedura penale vi sono però alcune inevitabili differenze, una tra tutte la modalità d'archiviazione. L'art. 58 d.lgs. 231/02 prevede che il p.m., quando non deve procedere alla contestazione dell'illecito all'ente, emette decreto motivato di archiviazione, dandone comunicazione al Procuratore generale presso la Corte d'Appello. L' unica forma di controllo sulla condotta del P.M. è pertanto rappresentata dalla trasmissione del decreto di archiviazione al Procuratore, il quale può svolgere direttamente gli accertamenti indispensabili ed eventualmente procedere alla contestazione dell'illecito dell'ente entro sei mesi dalla comunicazione. Le condizioni che giustificano il decreto di archiviazione sono invece pressoché le medesime previste per le persone fisiche.
La previsione di cui all'art. 58 ha del resto come evidente conseguenza il venir meno della facoltà di opposizione da parte del danneggiato e di rigetto della richiesta di archiviazione da parte del G.I.P. Ecco che pertanto deve ritenersi che l'eventuale riapertura delle indagini non debba seguire le cadenze dell'art. 414 c.p.p., potendo il p.m. procedere ad una nuova annotazione a carico dell'ente per il medesimo illecito, senza autorizzazioni del giudice.
Si ritiene invece trovino applicazione, nonostante alcune posizioni contrarie, gli obblighi di cui all'art. 335 c.p.p.: il p.m. sarà pertanto tenuto all'immediata iscrizione della notitia criminis a lui pervenuta e relativa alla persona giuridica.
di Ciro Santoriello
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