Principio di affidamento e attività d'impresa
L'uomo e l'ente - è noto - sono considerati nell'ambito del d.lgs. 231/01 alla stregua di soggetti autonomi, dotati di specifica individualità e, pertanto, sottoposti a una propria responsabilità. Su ogni soggetto che partecipa al ciclo produttivo gravano particolari obblighi. Ciascuno deve attendere ai propri impegni confidando nella realizzazione di quelli degli altri destinatari. Tale fiducia nell'altrui operato assume rilevanza giuridica e viene intesa come possibilità riconosciuta ad ogni soggetto di confidare nell'altrui operato, ossia di contare sul fatto che gli obblighi di diligenza saranno osservati dai rispettivi destinatari. Si tratta dell'affidamento che un soggetto lecitamente ripone nell'operato altrui, ritenendo che l'altro non si comporterà scorrettamente e osserverà le normali regole di precauzione. Più precisamente, l'impresa deve poter confidare sul comportamento corretto del suo dipendente come quest'ultimo deve aver fiducia sul fatto che l'impresa operi con diligenza. Ciò rende più agevole il lavoro e impegna ognuno ad adoperarsi per il corretto svolgimento dell'attività senza che perda energie o si distolga dal suo compito regolando la sua attività in relazione alle possibili altrui negligenze.
Ineludibilmente per quanto riguarda i vertici, ma altresì con decisiva rilevanza per quanto concerne i dipendenti, aver confidato nel corretto operato dei propri lavoratori può escludere la responsabilità ove l'ente collettivo abbia “adottato ed efficacemente attuato” un Modello di Organizzazione “idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatisi”. Va soggiunto, peraltro, che, in caso di un reato commesso da un soggetto in posizione apicale, l'ente non risponde se ha adottato un effettivo Codice Etico, se il compito di vigilare è stato affidato a un Organismo e “non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte” del suddetto.
di Francesco Vignoli
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