Il regime del rapporto e della responsabilità dei membri dell'Organismo di Vigilanza
Il d.lgs. 231/2001 non disciplina direttamente il regime giuridico della funzione di componente dell'Organismo di Vigilanza, rimettendolo all'autonomia negoziale dell'organo dirigente (perlopiù il consiglio di amministrazione), cui compete l'adozione e l'efficace attuazione del Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo, ai sensi dell'art. 6, comma 1, lett. a), nonché, secondo l'opinione prevalente, l'istituzione dell'Organismo di Vigilanza e la nomina dei suoi membri, ai sensi della successiva lett. b).
Come precisato dalle Linee Guida Confindustria, all'Organismo di Vigilanza “sono devoluti compiti di controllo non in ordine alla realizzazione dei reati, ma al funzionamento ed all'osservanza del Modello ovvero degli eventuali scostamenti comportamentali che dovessero emergere dall'analisi dei flussi informativi e dalle segnalazioni alle quali sono tenuti i responsabili delle varie funzioni”.
E' tuttavia assolutamente prevalente l'opinione che esclude che la nomina nell'Organismo di Vigilanza determini la costituzione di “un'autentica posizione di garanzia rilevante sul piano penalistico”, ai sensi e per gli effetti dell' art. 40, comma 2, c.p., dato che, da una parte, l'obbligo giuridico di cui alla norma penalistica, si fonda “secondo la ricostruzione preferibile, su espliciti poteri doveri impeditivi e non sulla base di un generale dovere di sorveglianza”; d'altra parte, devono, in linea di principio, ritenersi estranei all'Organismo di Vigilanza poteri di intervento impeditivi nei confronti di comportamenti irregolari o illeciti e poteri disciplinari o sanzionatori diretti (fatta eccezione, forse, per quanto previsto dall'art. 52 del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, con gli obblighi di comunicazione posti in capo “all'Organismo di Vigilanza”, nei confronti delle “autorità di vigilanza di settore”, del “Ministero dell'Economia” e della “UIF”, in materia di “antiriciclaggio”). Ciò non toglie, sotto il profilo civile, che lo stesso inadempimento colposo possa talvolta rilevare autonomamente sul piano risarcitorio, a titolo di responsabilità contrattuale, ex art. 1218 c.c., nei confronti dell'ente, o a titolo di responsabilità extracontrattuale, ex art. 2043 c.c., nei confronti dei lavoratori o di altri terzi.
di Luca Antonetto
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