Le “vicende modificative”: trasformazione, fusione, scissione e responsabilità degli enti
Lungo l'arco del loro ciclo esistenziale, i soggetti di diritto metaindividuali - nella vasta accezione recepita dall'art. 1, comma 2, d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 - possono subire riorganizzazioni strutturali che ne mutano, più o meno profondamente, i tratti fisionomici; o che addirittura ne provocano la formale “scomparsa”, quale autonomo centro d'imputazione di posizioni giuridiche soggettive, in conseguenza dell'“assorbimento” o della “frantumazione” in differenti organismi. Trasformazione, fusione e scissione sono gli istituti che la Sezione II, Capo II, d.lgs. 231/2001, raggruppa sotto il nomen iuris di “vicende modificative dell'ente”, unitamente alla cessione d'azienda; la quale, però - concettualmente e per il trattamento in concreto riservatole - viene a collocarsi su un piano nettamente differenziato.
Sebbene gli artt. 2501 e 2506 c.c. continuino a configurare la fusione e la scissione come vicende inerenti alle sole società, l' introduzione della figura della trasformazione eterogenea sembra aver rimosso gli ostacoli concettuali che venivano usualmente opposti all'ammissione di fusioni e scissioni cui partecipino enti differenti sul piano causale-organizzativo (ad esempio, società ed associazioni); mentre già in precedenza era riconosciuta dai più l'ammissibilità di fusioni “atipiche” tra enti non societari del medesimo genere. Ne consegue che, ad onta della natura non societaria dell'ente “di partenza” o “di arrivo” o di entrambi si assisterà, nei limiti e alle condizioni stabiliti dagli artt. 28 ss., d.lgs. 231/2001, ad una perpetuatio della responsabilità dell'ente per i fatti di reato anteriormente commessi. Sempre a condizione che ambedue le figure - “di partenza” e “di arrivo” - rientrino comunque nel novero degli “enti” avuti di mira dall'art. 1, commi 2 e 3: onde resta fuori dal discorso, ad esempio, il caso - pure specificamente contemplato dall'art. 2500-septies c.c. - della trasformazione di una società di capitali in comunione d'azienda, posto che quest'ultima non può essere qualificata come “ente”, concretandosi in una situazione di mera contitolarità di diritti che non gode di alcuna forma di soggettività, ancorché limitata.
La disciplina prefigurata per l'ipotesi della trasformazione si presenta priva di apprezzabili asperità. La perpetuatio di responsabilità, in simile frangente, è piena e incondizionata: in virtù dell'art. 28, d.lgs. 231/2001, difatti, “nel caso di trasformazione” - qualchessia: da società o ente non personificato in società o ente dotato di personalità giuridica o viceversa - “resta ferma la responsabilità (dell'ente trasformato) per i reati commessi anteriormente alla data in cui la
trasformazione ha avuto effetto”.
Più articolato il regime della fusione: operazione definibile, in via generale, come compenetrazione tra due o più organismi metaindividuali, in modo da formarne uno solo. Nell'ipotesi di fusione propria, il nuovo ente “assomma” le responsabilità “da reato” di tutti gli enti partecipanti, mentre nel caso di fusione per incorporazione, l'incorporante “cumula” alle responsabilità sue proprie quelle dell'incorporato; e ciò sotto ogni aspetto: sanzioni pecuniarie, sanzioni interdittive, confisca di cui all'art. 19, d.lgs. 231/2001, risarcimento del danno. Tale responsabilità prescinde, altresì, dal preventivo accertamento dell'illecito in capo all'ente originario, “coprendo” anche gli illeciti la cui verifica giudiziale non fosse ancora iniziata alla data di perfezionamento della fusione.
La prima regola in materia di scissione (art. 30, comma 1, d.lgs. 231/2001) è quella per cui, nel caso di scissione parziale, l'ente scisso - il quale “sopravvive” all'operazione - continua a rispondere per i reati anteriormente perpetrati, seppur non si tratti di una regola assoluta. In secondo luogo, poi, è previsto che - indipendentemente dal tipo di scissione (totale o parziale) - gli enti beneficiari restino “solidalmente obbligati” al pagamento delle sanzioni pecuniarie dovute dall'ente scisso per i reati commessi anteriormente alla data dalla quale la scissione ha avuto effetto (v. art. 2506-quater, comma 1, c.c.), nel limite del valore effettivo del patrimonio netto trasferito a ciascuno di essi: limite che tuttavia viene meno rispetto all'ente cui sia stato devoluto, anche solo in parte, il “ramo di attività” nel cui seno venne commesso il reato (art. 30, comma 2, d.lgs. 231/2001).
Dr. Valerio Napoleoni, Consigliere della Corte di Cassazione, Assistente di studio presso la Corte Costituzionale
di Valerio Napoleoni
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