Partecipazione alle gare d’appalto e misure cautelari ex d.lgs. 231/2001
L'ingresso nell'ordinamento italiano della disciplina della responsabilità amministrativa da reato ha introdotto un nuovo tema di dibattito nel campo invero già affollato della discussione sulla questione delle cause di esclusione dalle pubbliche gare. Ci si domanda infatti come operino le prescrizioni del d.lgs. 231/2001 rispetto all'individuazione dei requisiti soggettivi di moralità professionale degli aspiranti concorrenti alle procedure selettive per la scelta del contraente della P.A. In particolare, rispetto al tema della partecipazione alle gare d'appalto, suscita curiosità l'operatività delle misure cautelari comminate a carico dell'ente a seguito dell'avvio del procedimento ai sensi del d.lgs. 231/2001.
Come è noto, ai fini della partecipazione alle gare d'appalto, i concorrenti devono essere soggetti affidabili sia sotto il profilo tecnico/economico sia sotto quello etico. In altre parole, essi devono possedere una storia che dimostri la loro idoneità morale a recepire incarichi di derivazione pubblica e, soprattutto, a percepire gli emolumenti che dall'esecuzione di tali contratti scaturiscono. L'ordinamento si pone quindi l'obiettivo di avere nel privato contraente un referente la cui condotta professionale e di vita sia “moralmente” accettabile rispetto ai fini di trasparenza, efficienza ed
imparzialità che l'azione amministrativa deve sempre perseguire.
Ai sensi dell'art. 38 d.lgs. n. 163/2006, vanno infatti escluse dalla partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti e delle concessioni e non possono stipulare i relativi contratti le imprese che versano in una delle situazioni di incompatibilità ivi elencate. Come è stato correttamente osservato “[...] l'esclusione è tuttavia da intendersi come automatica ed obbligatoria solo nel caso in cui ricorrano gli estremi di applicazione dell'art. 32-quater c.p. («casi nei quali alla condanna consegue l'incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione»), cioè la commissione di uno degli indicati delitti e la sua realizzazione a danno o a vantaggio di un'attività imprenditoriale.
Sotto altro profilo si è rilevata l'assenza di discrezionalità da parte della Pubblica Amministrazione nella valutazione della sanzione interdittiva di cui all'art. 9, comma 2, lett. c), d.lgs. 231/2001 quale causa di esclusione dalla partecipazione alle gare. La P.A. pertanto è tenuta ad attenersi a quanto deciso in sede penale, anche con riferimento alla durata della sanzione. Pertanto l'art. 38, comma 1, lett. m), d.lgs. 163/2006 deve essere inteso nel senso che anche la sanzione interdittiva di cui al d.lgs. 231/2001 applicata con sentenza definitiva costituisce causa di esclusione dalla partecipazione alle gare solamente in relazione al suo periodo di durata stabilito in sede giudiziale.
di Ugo Lecis e Michele Perrone
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